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Le novità del Terzo Settore

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Con la pubblicazione del D.Lgs. 3.7.2017, n. 117 nel Supplemento Ordinario n. 43 della Gazzetta Ufficiale n. 179 del 2.8.2017, recante il cd. Codice del Terzo settore, a norma dell’art. 1, co. 2, lett. b), L. 6.6.2016, n. 106, di fatto ha trovato espressione normativa la riforma organica del Terzo Settore.

Il nuovo Codice, in vigore dal 3.8.2017, si compone di 104 articoli suddivisi in dodici Titoli e ha l’obiettivo di riformare tutta la normativa degli enti del Terzo settore al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione dei principi costituzionali.

1. Terzo Settore: aspetti generali della normativa

Prima di approfondire gli aspetti sostanziali della riforma del Terzo Settore pare doveroso mettere in evidenza gli aspetti normativi che, nel corso degli ultimi mesi, hanno inciso sulla relativa disciplina fiscale. Tale aspetto, in apparenza superfluo, mette in evidenza, invece, i tre distinti interventi posti in essere dal Legislatore. In particolare, con:

  • il D.Lgs. 3.7.2017, n. 112, pubblicato nella G.U. del 19.7.2017, n. 167, è stata modificata la disciplina relativa all’impresa sociale;
  • il D.Lgs. 3.7.2017, n. 111, pubblicato nella G.U. il 18.7.2017 n. 166, vengono stabilite le regole in materia di 5 per mille dell’Irpef;
  • infine, con il D.Lgs. 3.7.2017, n. 117, pubblicato nel S.O. n. 43 alla G.U. 2.8.2017, n. 179, vengono stabilite le norme relative al Codice del Terzo Settore, attuative dell’art. 1, co. 2, lett. b), L. 6.6.2016, n. 106.

Ancora sotto il profilo generale, dalla lettura dell’art. 4, D.Lgs. 117/2017, la riforma del Terzo Settore mira a riordinare tutta la normativa riguardante gli enti del Terzo Settore al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione dei principi costituzionali.

Nell’opera di razionalizzazione vengono anzitutto definiti gli enti del Terzo Settore, individuati nelle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, associazioni, riconosciute o non, fondazioni ed altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

In tale ottica, nella Tabella n. 1 sono sintetizzate le principali novità di carattere generale contenute in alcuni articoli della citata disposizione normativa.

Tabella n. 1 – Terzo Settore: novità del D.Lgs. 3.7.2017, n. 117

Articolo

Materia

Modifiche apportate

Art. 14

Bilancio

In base alla loro dimensione, gli enti del Terzo Settore saranno chiamati a pubblicare sul proprio sito internet il bilancio sociale, redatto secondo apposite linee guida, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte, nonché gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti e agli associati.

Art. 16

Lavoratori

Quanto ai lavoratori degli enti del Terzo Settore, oltre a statuire espressamente il loro diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi, il Codice introduce un criterio di proporzionalità in base al quale, in ciascun ente, la differenza retributiva tra lavoratori non può essere superiore al rapporto di 1 a 8, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Specifici limiti sono poi disciplinati in relazione ai compensi eventualmente previsti per le cariche sociali, nonché ai trattamenti economici per i lavoratori subordinati o autonomi degli enti.

Art. 22
e segg.

Personalità giuridica

Viene semplificata la procedura di acquisto della personalità giuridica (art. 22) e vengono istituiti, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il «Registro unico nazionale del Terzo settore», al quale gli enti sono tenuti a iscriversi al fine di poter accedere ai benefici, non solo di carattere tributario, ad essi riservati (artt. 45 – 54), e il «Consiglio nazionale del terzo settore», organo consultivo e rappresentativo degli enti (artt. 58 – 60).

Artt. 81,
82 e 83

Agevolazioni

È prevista l’istituzione del social bonus, ossia un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore degli enti del Terzo Settore che abbiano presentato un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati ai suddetti enti per essere utilizzati esclusivamente per lo svolgimento con modalità non commerciali di attività di interesse generale.

Oltre a quanto sopra, è prevista una ridefinizione della disciplina delle detrazioni e delle deduzioni per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti.

Art. 86

Regime
fiscale

Oltre alla revisione della definizione di enti non commerciali, ai fini fiscali viene previsto un nuovo regime tributario di vantaggio, che considera anche le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

Si fa presente, in ogni caso, che la riforma generale del Terzo Settore entrerà pienamente a regime a partire dal 2019, ossia dopo l’emanazione di tutti e 27 i decreti attuativi previsti dal Codice del Terzo Settore che interessano gli enti del Terzo Settore. I decreti fondamentali saranno:

  • quello che renderà operativo il Registro unico nazionale del Terzo Settore;
  • quello di definizione delle attività diverse e l’autorizzazione della Comunità europea all’avvio delle misure fiscali di maggior favore per gli enti in relazione alla definizione delle attività commerciali e non commerciali.

2. Nuovo Codice del Terzo Settore: ambito soggettivo

Un primo aspetto che merita di essere messo in evidenza è il profilo soggettivo del nuovo Codice del Terzo Settore. Infatti, sulla base delle singole disposizioni normative è possibile stabilire quali sono i soggetti appartenenti al settore in commento e quali, invece, sono quelli esclusi. Si veda la Tabella n. 2.

Tabella n. 2 – Terzo Settore: ambito soggettivo

Soggetti appartenenti al Terzo Settore

Soggetti esclusi dal Terzo Settore

  • Organizzazioni di volontariato;
  • associazioni di promozione sociale;
  • enti filantropici;
  • imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso;
  • ogni altro ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizio di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi e iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo Settore.

Non sono enti del Terzo Settore le Amministrazioni pubbliche (art. 1, co. 2, D.Lgs. 30.3.2001, n. 165), le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti.

Sotto il profilo del riconoscimento di un soggetto quale appartenente al settore in commento, secondo quanto previsto dalla riforma, gli enti del Terzo Settore si iscrivono nel registro unico nazionale del terzo settore e indicano gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. Inoltre, l’indicazione di ente del Terzo Settore o dell’acronimo ETS, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli non può essere usata da soggetti diversi dagli enti del Terzo Settore.

3. Alcune riforme oggettive

Un primo elemento di novità oggettiva introdotto con la riforma in commento riguarda le Onlus. Infatti, con la piena attuazione normativa della riforma la disciplina riguardante le Onlus viene completamente abrogata, con la conseguenza che gli enti che ad oggi hanno la qualifica di Onlus devono (dovranno, vista la non immediata e totale attuazione della riforma) avviare l’iter per iscriversi al Registro unico nazionale del Terzo Settore. Nel frattempo continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione all’anagrafe delle Onlus.

Un ulteriore elemento di riforma oggettiva riguarda il rapporto tra ente e volontari che prestano la propria opera a favore del primo. In tal caso, gli enti che si avvalgono di volontari devono procedere con la stipula di una polizza assicurativa contro gli infortuni e le malattie connesse allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi. È inoltre obbligatoria l’assicurazione ai volontari su infortuni, malattia e responsabilità civile verso terzi. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate ed è vietato il rimborso forfetario. Se lo statuto lo prevede, è consentito un rimborso massimo di € 10 al giorno e fino a € 150 al mese a fronte di autocertificazione.

4. Novità fiscali – Aspetti generali

Dalla lettura della relazione illustrativa al nuovo Codice del Terzo Settore, il Legislatore è ben consapevole della pluralità di disposizioni normative di carattere fiscale che disciplinano gli enti non commerciali. Accanto agli specifici articoli del D.P.R. 22.12.1986, n. 917 (art. 143 e segg.), sono previste specifiche disposizioni applicabili ad ben determinate tipologie di enti, quali a mero titolo esemplificativo:

  • la L. n. 266/1991 relativa alle organizzazioni di volontariato;
  • la L. 398/1991 e la L. 289/2002, riguardanti le associazioni e le società sportive dilettantistiche (L. 398/1991 e L. 289/2002);
  • la L. 383/2000, relativa alle associazioni di promozione sociale; 
  • il D.Lgs. 460/1997, riguardante le Onlus.

Il Legislatore, nel chiaro tentativo di semplificare e ridurre la moltitudine di disposizioni normative di carattere fiscale, ha previsto con la Legge Delega 106/2016, un’armonizzazione di carattere generale.

A tal proposito, l’art. 102 del Codice del Terzo Settore procede con un’abrogazione generalizzata delle sopra riportate disposizioni normative, avente decorrenza dalla data di operatività del Registro unico nazionale del Terzo Settore, ad eccezione della disciplina prevista per società e associazioni sportive dilettantistiche dalla L. 289/2002 e del regime previsto dalla L. 398/1991 che, pur non più applicabile agli Enti del Terzo Settore (per esplicita previsione contenuta nel precedente art. 101 del decreto), potrà in futuro trovare applicazione nel solo comparto sportivo dilettantistico (e ciò per esplicitata abrogazione delle discipline che nel tempo lo avevano successivamente esteso ad associazioni senza scopo di lucro, pro-loco e bande, cori e filodrammatiche).

5. Criteri di ripartizione dell’attività commerciale e non commerciale

Sotto il profilo sostanziale, ma ancora relativo all’aspetto fiscale della riforma, il Legislatore continua nella ripartizione tra i proventi di natura istituzionale da quelli di natura commerciale.

La disposizione normativa di riferimento per tale scopo è rappresentata dall’art. 79, D.Lgs. 117/2017, in cui viene stabilito il concetto di non commercialità delle singole attività di cui agli artt. 5 e 6, rispettivamente riguardanti le attività di interesse generale e le attività secondarie e strumentali.

Il co. 1 del citato art. 79, D.Lgs. 117/2017, stabilisce che ai nuovi Enti del Terzo Settore, con esclusione delle imprese sociali (disciplinate da specifica disciplina) si applicano, oltre alle norme del decreto in commento, anche le disposizioni normative di cui al D.P.R. 917/1986 e quindi riferite ai soggetti Ires in genere, ovvero relative sia agli enti non commerciali che a quelli commerciali. I successivi commi dell’art. 79 riguardano la definizione di quali attività o proventi rientrino o meno nell’ambito della non commercialità e a quali condizioni, invece, gli Enti del Terzo Settore assumono la qualifica di enti commerciali o non commerciali. Infatti, il co 1 stabilisce: «Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili».

I successivi co. 2, 3 e 6 dell’art. 79 stabiliscono, in modo oggettivo, quali sono i proventi di natura non commerciale.

Tabella n. 3 – Attività commerciali e non commerciali secondo il D.Lgs. 117/2017

Art. 79 – Comma
di riferimento

Contenuto

Comma 2

Attività
di interesse
generale

Attività di interesse generale di cui all’art. 5, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2001, comprese le Amministrazioni pubbliche straniere, l’Unione Europea e altri organismi pubblici di diritto internazionale, quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.

Comma 3

Attività di ricerca scientifica

Attività di cui all’art. 5, co. 1, lett. h):

  • se poste in essere direttamente da ETS aventi come finalità principale lo svolgimento di attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale e nei limiti in cui tutti gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati. Viene previsto, inoltre, al fine di garantire una non esclusività nel raggiungimento dei risultati della ricerca, che non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca dell’ente medesimo nonché ai risultati prodotti;
  • affidate da ETS a università e altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e secondo modalità definite dal D.P.R. 135/2003.

Comma 6
(primo periodo)

Attività associativa

Attività svolta dagli ETS di natura associativa svolte nei confronti dei propri associati, dei loro familiari e conviventi in conformità alle finalità istituzionali degli enti.

Il co. 5 dell’art. 79, D.Lgs. 117/2017, invece, prevede: «Si considerano non commerciali gli Enti del Terzo Settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo». In altri termini, ancora una volta il Legislatore per stabilire la sussistenza del requisito di non commercialità di un ente richiama criteri contenuti in altre disposizioni normative, con l’esigenza di operare un coordinamento normativo non del tutto semplice.

Il co. 6, nei periodi successivi al secondo, invece stabilisce il concetto di commercialità di un ente, prevedendo che si considerano attività di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati, familiari o conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.

Si veda al riguardo la Tabella n. 3.

6. Nuovo regime forfetario

Un ulteriore intervento posto in essere dal Legislatore riguarda le modalità di determinazione del reddito per gli enti non commerciali.

Secondo quanto previsto dal co. 3 dell’art. 89, D.Lgs. 117/2017, infatti, il vigente regime forfetario di cui all’art. 145, D.P.R. 917/1986 potrà trovare applicazione solamente per i soggetti che non sono considerati enti del Terzo Settore (tra questi le amministrazioni pubbliche, i partiti politici e le associazioni di categoria, solo per citarne alcuni) e per gli enti religiosi civilmente riconosciuti che non sono iscritti nel Registro del Terzo Settore. Tuttavia, sempre con riferimento agli predetti enti religiosi, qualora iscritti al Registro del Terzo Settore, gli stessi potranno comunque applicare il regime forfetario di cui all’art. 145, D.P.R. 917/1986, limitatamente però alle attività diverse da quelle di interesse generale elencate nell’art. 5 del decreto.

Il Legislatore, con l’art. 80, D.Lgs. 117/2017, introduce un regime forfetario di determinazione del reddito, avente carattere opzionale e con vincolo di applicazione per almeno un triennio per le attività commerciali svolte (in modo non prevalente o secondario) dagli enti del Terzo settore di natura non commerciale, basato su diversi coefficienti che si applicano, a scaglioni, sull’ammontare dei ricavi derivanti dalle prestazioni di servizi o cessioni di beni. Si veda in proposito la Tabella n. 4.

Tabella n. 4 – Coefficienti per il nuovo regime forfetario degli enti del Terzo Settore

Tipo attività

Ammontare dei ricavi

Coefficiente redditività

Prestazioni
di servizi

Fino a 130.000 euro

7%

Da 130.001 euro e fino a 300.000 euro

10%

Oltre 300.000 euro

17%

Altre attività

Fino a 130.000 euro

5%

Da 130.001 euro e fino a 300.000 euro

7%

Oltre 300.000 euro

14%

Dalla lettura dell’art. 80 sopra riportato nella Tabella n. 4 emerge che rispetto all’attuale regime di determinazione del reddito previsto dall’art. 145, D.P.R. 917/1986, non esiste alcun limite massimo di ricavi. Di conseguenza, il nuovo regime forfetario risulta applicabile a prescindere dall’ammontare dei ricavi conseguiti dall’ente.

Inoltre, purtroppo, non viene prevista alcuna agevolazione o semplificazione sotto il profilo dell’Iva, che dovrà essere pertanto applicata secondo le ordinarie modalità.

Lo stesso art. 80 prevede che ai ricavi così determinati vengano aggiunte eventuali plusvalenze patrimoniali ex art. 86, le sopravvenienze attive ex art. 88, i dividendi e gli interessi ex art. 89, nonché i ricavi immobiliari ex art. 90.

L’ultimo comma dell’art. 80 prevede poi, per quanti optano per l’applicazione del presente regime forfetario, un’esclusione dalla disciplina degli studi di settore, dei parametri, ma soprattutto degli indici sistematici di affidabilità di cui all’art. 7-bis, D.L. 193/2016.

Tabella n. 5 – Sintesi della nuova disciplina del Terzo Settore

Riferimento normativo

Contenuto

D.Lgs. 3.7.2017, n. 112

D.Lgs. 3.7.2017, n. 111

D.Lgs. 3.7.2017, n. 117

Con le citate disposizioni normative:

  • viene modificata la disciplina relativa all’impresa sociale;
  • vengono stabilite le regole in materia di 5 per mille dell’Irpef;
  • vengono stabilite le norme relative al Codice del Terzo Settore, attuative dell’art. 1, co. 2, lett. b), L. 6.6.2016, n. 106.

Art. 22, D.Lgs. 117/2017

Istituzione dei Registro unico del Terzo Settore, al quale gli Eenti sono obbligati ad iscriversi.

Art. 79, D.Lgs. 117/2017

Vengono stabiliti i criteri di ripartizione tra ricavi commerciali e non commerciali.

Art. 80, D.Lgs. 117/2017

Viene introdotto un nuovo regime forfetario di determinazione del reddito, prevedendo delle percentuali di redditività variabili in funzione dei ricavi realizzati, ma senza alcun limite massimo

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