Nelle società di capitali a ristretta base partecipativa accade spesso che i soci provvedano al fabbisogno finanziario della società versando somme di denaro senza imputare formalmente l’apporto al capitale sociale in senso giuridico e senza l’osservanza delle rigorose procedure formali stabilite per i conferimenti.
Finanziamento dei soci e versamenti in conto capitale
In primo luogo è opportuno precisare, senza possibilità di equivoco, se il rapporto che si instaura tra il socio e la società è un:
- finanziamento in senso stretto o versamento con obbligo di restituzione;
- versamento in conto capitale o versamento senza obbligo di restituzione.
Versamenti con obbligo di restituzione
I finanziamenti dei soci in senso stretto sono negozi giuridici riconducibili allo schema del mutuo, connotati dalla dazione di una somma di denaro da parte dei soci, o di alcuni di essi, in misura proporzionale, o meno, alle loro quote di partecipazione sociale, con correlativo obbligo di restituzione in capo alla società; questi finanziamenti possono essere fruttiferi o non fruttiferi di interessi.
Versamenti senza obbligo di restituzione
Con i versamenti in conto capitale, di contro, i soci, pur non volendo procedere ad un formale aumento di capitale, decidono di sopperire al fabbisogno di capitale di rischio con nuovi “conferimenti”, senza una specifica ed esplicita pattuizione da cui scaturisca l’obbligo della restituzione.
Questi versamenti si configurano come vere e proprie riserve di capitale da collocare in bilancio, all’interno del Patrimonio netto, al punto VII “Altre riserve”, in voci denominate di solito “Versamenti in conto capitale”, oppure “Versamenti a copertura perdite” se il “conferimento” è effettuato per coprire perdite di esercizio.
In dottrina, inoltre, si esclude che i versamenti a fondo perduto abbiano causa donandi, perché mancano gli elementi essenziali del contratto di donazione (animus e forma). “Non resta che riconoscere l’atipicità di queste elargizioni, avvicinandole, al massimo all’ipotesi dell’adempimento del terzo…”.
La distinzione tra finanziamenti dei soci e versamenti in conto capitale si rivela, nel concreto, di notevole difficoltà. Spesso, infatti, il conferimento è effettuato senza chiare manifestazioni di volontà ed è contraddistinto dall’impiego di una pluralità di espressioni polivalenti (quali “finanziamento soci”, “versamenti soci”, ecc.). In assenza di precisi riferimenti funzionali alla distinzione in esame, la volontà delle parti deve desumersi “dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi. Solo qualora tali criteri non soccorrano, si dovrà fare riferimento – in via subordinata – alla terminologia utilizzata in bilancio”.
I finanziamenti dei soci nelle srl
L’art. 2467 c.c. – afferma la relazione illustrativa del DLgs. 17.1.2003 n. 6 – affronta il tema dei finanziamenti effettuati dai soci a favore della società che formalmente si presentano come capitale di credito, ma nella sostanza economica costituiscono parte del capitale sociale.
“La soluzione è stata quella, comune alla maggior parte degli ordinamenti e sostanzialmente già affermata in giurisprudenza, di una postergazione dei relativi crediti rispetto a quelli degli altri creditori”.
Ai sensi dell’art. 2467 co. 1 c.c., il rimborso dei finanziamenti dei soci alla società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.
POSTERGAZIONE DEI SOCI AI CREDITORI
La prescrizione iniziale dell’art. 2467 co. 1 c.c. dispone che il rimborso dei finanziamenti dei soci in favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.
L’amministratore che rimborsa, di conseguenza, “deve prestare attenzione a che il rimborso del finanziamento non generi l’incapacità della società di far fronte ai suoi impegni con i creditori diversi dai soci …: se infatti si determinasse una situazione nella quale il rimborso del finanziamento pregiudicasse il diritto dei creditori a ricevere il pagamento di quanto loro dovuto, quel rimborso si rivelerebbe illecito e fonte di responsabilità per chi l’abbia effettuato”.
Non è chiaro, peraltro, se la regola della postergazione sia destinata ad operare durante il funzionamento della società o solo nella fase di liquidazione.
Una parte della dottrina ritiene preferibile la soluzione interpretativa che limita l’ambito di applicabilità della regola della postergazione, oltre che in sede fallimentare, alla fase di liquidazione. Diversamente, infatti, si giungerebbe a considerare i finanziamenti “in modo addirittura più restrittivo rispetto alle poste di patrimonio netto. In sostanza, mentre la distribuzione di queste ultime non incontrerebbe limiti se effettuata durante la vita della società, con l’evidente eccezione di alcune di esse come la riserva legale, il rimborso dei prestiti dei soci sarebbe, invece, impossibile a fronte della permanenza di debiti verso terzi”.
Fallimento della società
In caso di fallimento, il co. 1 dell’art. 2467 c.c. afferma che il rimborso dei finanziamenti dei soci deve essere restituito se avvenuto nell’anno che precede la dichiarazione di fallimento della società.
Ne consegue che, qualora il rimborso dovesse essere effettuato in questo lasso temporale, la società, tramite la curatela fallimentare, ha il diritto di ottenerne la restituzione; a ciò si accompagna la responsabilità dell’amministratore che ha provveduto al rimborso stesso.
I rimborsi antecedenti saranno invece soggetti al regime ordinario della revocatoria fallimentare”.
Di frequente, i finanziamenti dei soci sono caratterizzati da una serie dinamica di versamenti e prelevamenti nell’anno anteriore al fallimento. “In questo caso appare più corretto dover ritenere che dalle somme restituite ai soci nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento vadano dedotte quelle da questi versate nel medesimo periodo”.
Finanziamento dei soci nelle spa
La disciplina esaminata per le società a responsabilità limitata non trova un corrispondente nelle società per azioni.
Le ragioni sono chiarite da un illustre Autore: “Se si pensa al finanziamento soci, non si può certo riferirsi ad una società di rilevanti dimensioni, specialmente ove il suo capitale sia parcellizzato e diffuso. Il fenomeno del finanziamento soci è infatti tipico e «confinato» al campo delle piccole società, ove il portafoglio personale dei soci quasi si «confonde» con la cassa della società e dove è dunque accadimento «normale» che, così come il socio finanzia le proprie esigenze personali e la propria famiglia, egli finanzi pure la propria attività” (Busani A. “Il finanziamento dei soci conquista un posto nel «nuovo» Codice civile”, Diritto e Pratica delle Società, 8, 2003, p. 36).
L’applicazione analogica della disciplina dei finanziamenti dei soci alle spa sarebbe possibile solo “qualora il «vestito» della s.p.a. non sia utilizzato, nel caso concreto, per interpretare il fenomeno imprenditoriale per il quale esso è stato confezionato (e cioè la grande società, specie se a capitale diffuso), ma sia fatto indosso a quel fenomeno imprenditoriale (di più ridotte dimensioni e a base sociale assai ristretta) per il quale il legislatore ha pensato, come più adatte, le norme dettate sotto il capitolo della società a responsabilità limitata …”(Busani A.).
Finanziamento dei soci nei gruppi
L’art. 2497-quinquies c.c. riconosce l’applicabilità della disciplina esaminata ai finanziamenti effettuati nell’ambito del gruppo di imprese da parte di chi esercita il controllo, senza peraltro distinguere tra società per azioni e società a responsabilità limitata; anche questo risulta essere un importante elemento a favore della possibilità di applicare l’art. 2467 c.c. alle società per azioni.
Trattamento contabile
La riforma del diritto societario, prescrive che la rilevazione del finanziamenti dei soci alla società, deve avvenire all’interno della voce D.3 dello stato patrimoniale, denominata “Debiti verso soci per finanziamenti”.
Distinzione tra finanziamenti “ordinari” e “postergati”
L’inserimento all’interno della voce “Debiti verso soci per finanziamenti” può avvenire indistintamente per i finanziamenti dei soci “ordinari” e per quelli “postergati”; in nota integrativa, però, è necessaria una ripartizione per scadenze ed un’indicazione separata in ragione della “clausola di postergazione” rispetto agli altri creditori (art. 2427 n. 19-bis c.c.).
Emerge, quindi, la possibilità che la società ed il socio si accordino nel considerare un finanziamento come postergato, seppure in assenza dei presupposti tipologici normativamente individuati. Nulla, infatti, sembra vietare alle parti “di sottoporre l’operazione ad una disciplina – quella della postergazione – di maggiore tutela per i terzi. Viceversa, collocare un finanziamento tra quelli non postergati, nonostante il fatto che, in base alla situazione finanziaria della società, sarebbe stato ragionevole un conferimento”, sembra una condotta illegittima ed in grado di esporre a responsabilità gli amministratori.
Bilancio in forma abbreviata
Con riguardo alla redazione del bilancio in forma abbreviata, il nuovo art. 2435-bis co. 2 c.c. continua ad affermare che nella voce D del passivo dello stato patrimoniale ci si deve limitare all’indicazione dei debiti esigibili oltre l’esercizio.
Le informazioni contenute nel n. 19-bis) della nota integrativa, di contro, non figurano tra quelle che possono essere omesse ai sensi del successivo comma quinto. Resta, di conseguenza, necessaria una ripartizione per scadenze ed un’indicazione separata in ragione della clausola di postergazione rispetto agli altri creditori.
Disciplina fiscale
La disciplina fiscale dei finanziamenti concessi dai soci va esaminata con riguardo ai seguenti ambiti impositivi:
- imposizione diretta (IRPEF ed IRPEG/IRES);
- IRAP;
- IVA;
- altre imposte indirette (imposta di registro).
Imposizione diretta
Sotto il profilo dell’imposizione fiscale diretta, occorre distinguere la disciplina applicabile al socio finanziatore da quella relativa alla società finanziata.
Disciplina per il socio finanziatore
Assumono rilevanza fiscale, in capo al socio finanziatore:
- gli interessi attivi relativi ai finanziamenti contratti con obbligo di restituzione;
- la presunzione di fruttuosità dei finanziamenti concessi alla società;
- la qualificazione, quali dividendi, degli interessi indeducibili per l’impresa finanziata, ai sensi dell’art. 98 del TUIR;
- la rinuncia del socio alla restituzione del finanziamento.
Disciplina per la società finanziata
Parallelamente, per la società finanziata rilevano:
- i finanziamenti fruttiferi di interessi, concessi dai soci, in quanto i relativi interessi passivi sono deducibili nei limiti previsti dalla thin capitalization e dal pro rata patrimoniale, ex artt. e 98 e 97 del TUIR;
- in determinate condizioni, anche i finanziamenti infruttiferi di interessi, concessi dai soci;
- la rinuncia del socio alla restituzione di tali finanziamenti (o alla corresponsione dei relativi interessi), che non costituisce sopravvenienza attiva.
Interessi attivi per il socio finanziatore
Gli interessi attivi relativi ai finanziamenti fruttiferi incassati dai soci sono assoggettati a tassazione quali:
- redditi di capitale, ai sensi dell’art. 44 co. 1 lett. a) del TUIR, se percepiti al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa; su tali redditi va applicata la ritenuta a titolo d’acconto del 12,50% ex art. 26 co. 5 del DPR 600/73, con obbligo di dichiarazione annuale dei redditi;
- redditi d’impresa, se i soci sono soggetti imprenditori.
Ritenute sugli interessi attivi
Di seguito si riassume, in forma tabellare, la disciplina delle ritenute sugli interessi relativi ai finanziamenti dei soci corrisposti da soggetti residenti, dettata dall’attuale art. 26 del DPR 600/73.
Percipiente residente | Percipiente non residente | ||
Imprenditore | Non imprenditore | Residente in Paesi a regime fiscale privilegiato | Residente in altri Paesi |
— | 12,50% a titolo di acconto |
27% a titolo di imposta |
12,50% a titolo di imposta |
Presunzione relativa di fruttuosità dei finanziamenti
L’art. 46 del TUIR prevede, al comma 1, una disposizione di natura presuntiva, secondo la quale, ai fini delle imposte sui redditi, le somme versate dai soci alla società si considerano date a mutuo, nonché fruttifere di interessi.
Affinché tale presunzione operi è necessario che “dai bilanci allegati alla dichiarazione dei redditi della società non risulti che il versamento è stato fatto ad altro titolo”. Posto che il DPR 22.7.98 n. 322 ha soppresso l’obbligo di allegare il bilancio alla dichiarazione dei redditi, deve ora ritenersi che la condizione si realizzi ove dal bilancio della società risulti l’obbligo di restituire le somme ricevute dai soci.
Iscrizioni in bilancio indicative della natura di mutuo fruttifero
In tal senso, deve ritenersi significativa l’eventuale iscrizione dei finanziamenti nel Passivo di bilancio, alla voce “Debiti verso soci per finanziamenti”.
Di fronte ad appostazioni in bilancio di tal genere, non rilevano, in senso contrario, le seguenti circostanze:
- la mancata imputazione a conto economico dei ratei sugli interessi passivi;
- il versamento, da parte dei soci, in proporzione alle quote di partecipazione;
- l’approvazione di detti versamenti in sede assembleare, con una formale deliberazione.
Iscrizioni in bilancio indicative di natura diversa da quella di mutuo fruttifero
L’iscrizione in bilancio sotto locuzioni come “Versamenti in c/futuro aumento di capitale” o “Versamenti in c/capitale” impedisce che operi la presunzione di cui al citato art. 46 del TUIR e che le somme versate dai soci siano trattate alla stregua di denaro preso a mutuo.
Misura del tasso di interesse
Con riguardo alla misura degli interessi passivi che la società mutuataria si trova a dover corrispondere ai soci mutuanti, vale il disposto dell’art. 45 co. 2 del TUIR, in base al quale essi si presumono maturare nella misura pattuita per iscritto e, in mancanza, al tasso di interesse legale di cui all’art. 1284 c.c..
Interessi passivi su finanziamenti fruttiferi: applicazione della thin capitalization
Per effetto del DLgs. 344/2003, il trattamento fiscale degli interessi passivi dovuti sui finanziamenti concessi dai soci è disciplinato da un’apposita disposizione normativa. L’art. 98 del TUIR ha introdotto nel sistema tributario italiano la thin capitalization; istituto mediante il quale, al superamento di un determinato rapporto tra indebitamento e patrimonio, viene limitata la deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti erogati o garantiti da soci “qualificati” o da parti ad essi correlate.
Rinuncia al credito da parte del socio
Socio finanziatore imprenditore
La rinuncia al finanziamento da parte del socio che svolge attività d’impresa è espressamente disciplinata dal TUIR agli artt. 101 co. 7 e 94 co. 6 del TUIR.
In particolare, ai sensi del combinato disposto delle citate disposizioni, in caso di rinuncia, le somme versate:
- non sono ammesse in deduzione dal reddito d’impresa;
- vanno ad aumentare il costo fiscale della partecipazione posseduta dal socio medesimo.
Socio finanziatore non imprenditore
La rinuncia da parte del socio non imprenditore al finanziamento costituisce una posta incrementativa del costo della partecipazione, ai sensi dell’art. 68 co. 6 del TUIR. In altri termini, in caso di cessione della partecipazione si avrebbe una minore base imponibile da assoggettare a tassazione.
Società finanziata
L’eventuale rinuncia al credito relativo alla restituzione del capitale e/o alla corresponsione degli interessi da parte dei soci mutuanti, ai sensi dell’art. 88 co. 4 del TUIR, non costituisce sopravvenienza attiva per la società beneficiaria della remissione.
Per quanto concerne i versamenti in denaro o in natura effettuati dai soci a fondo perduto o in conto capitale, è il citato comma 4 a prevederne l’inconfigurabilità come sopravvenienze attive e, di conseguenza, l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito.
IRAP
Per effetto del combinato disposto degli artt. 5, 11 e 11-bis del DLgs. 15.12.97 n. 446, l’IRAP si determina applicando la relativa aliquota proporzionale ad una base imponibile costituita dalla differenza tra:
- i ricavi, i proventi e gli altri componenti positivi classificabili nelle voci relative al valore della produzione contrassegnate dalla lettera A in base allo schema di Conto economico definito dall’art. 2425 co. 1 c.c.;
- i costi della produzione, nelle voci relative al valore della produzione contrassegnate dalla lettera B in base allo schema di Conto economico definito dall’art. 2425 co. 1 c.c., con esclusione dei costi relativi al personale e delle perdite su crediti.
In sede di determinazione della base imponibile, le componenti di reddito classificate come sopra nel Conto economico devono essere assunte per l’ammontare rilevante ai fini delle imposte sui redditi, in base alle disposizioni del capo VI del TUIR.
Da quanto premesso, discende che i finanziamenti dei soci non influenzano la base imponibile IRAP. Infatti, gli interessi corrisposti dalla società, essendo classificabili nella voce C.17 della Sezione finanziaria del Conto economico, non rilevano ai fini dell’IRAP.
IVA
Socio finanziatore imprenditore
Ai fini IVA, la prestazione di servizi resa in favore dell’impresa mutuataria da un mutuante che agisce nell’esercizio di un’impresa costituisce un’operazione rilevante ai fini del tributo, ai sensi dell’art. 3 co. 2 n. 3) del DPR 26.10.72 n. 633. A tal fine, tuttavia, è necessario che il mutuo sia fruttifero, così come richiesto dall’art. 3 co. 2 del DPR 633/72.
L’imposta, tuttavia, non trova concreta applicazione, in quanto l’art. 10 co. 1 n. 1) del DPR 633/72 configura come esenti dall’imposta “le prestazioni di servizi concernenti la concessione e la negoziazione di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti e le operazioni di finanziamento (…)”.
Sotto il profilo della fatturazione, occorre rilevare che, per effetto dell’art. 22 co. 1 n. 6) del DPR 633/72, come modificato dall’art. 3 co. 6 della L. 17.1.2000 n. 7, l’impresa mutuante non è tenuta ad emettere fattura per il corrispettivo percepito a fronte della dazione del denaro a mutuo, consistente negli interessi corrisposti dall’impresa mutuataria, salvo che quest’ultima non lo richieda prima del momento di effettuazione dell’operazione. Qualora dettarichiesta sia formulata tempestivamente, la fattura deve essere emessa, come detto, in esenzione dall’imposta, ai sensi dell’art. 10 co. 1 n. 1) del DPR 633/72.
Resta fermo l’obbligo di porre in essere tutti gli altri adempimenti previsti dal DPR 633/72 in materia di registrazione, dichiarazione, ecc.
Socio finanziatore non imprenditore
Per quanto concerne gli eventuali mutui concessi alla società da soggetti non imprenditori (es. soci persone fisiche), l’operazione di mutuo risulta fuori campo IVA, per mancanza del presupposto soggettivo richiesto dagli artt. 1 e 4 del DPR 633/72.
Altre imposte indirette
Nell’ipotesi in cui il versamento del socio con obbligo di restituzione da parte della società avvenga mediante stipulazione di un contratto di mutuo in relazione al quale in veste di mutuataria figuri una società commerciale, possono configurarsi due casi:
- il mutuante è un’impresa commerciale;
- il mutuante non è un’impresa commerciale.
Socio finanziatore imprenditore
Nella prima ipotesi, la concessione del mutuo rappresenta un’operazione soggetta all’IVA nell’accezione intesa dall’art. 5 co. 2 del DPR 26.4.86 n. 131, ancorché sia esente ai sensi dell’art. 10 co. 1 n. 1) del DPR 633/72. Pertanto, per il principio di alternatività IVA/imposta di registro, di cui all’art. 40 co. 1 del DPR 131/86, il contratto di mutuo va soggetto all’imposta di registro. Segnatamente, per il combinato disposto dell’art. 5 co. 1 e 2 del DPR 131/86 e dell’art. 1 co. 1 lett. b) della Tariffa, Parte II, allegata allo stesso DPR 131/86, il contratto sconta l’imposta solo in caso d’uso, nella misura fissa di euro 200,00.
Socio finanziatore non imprenditore
In tale ipotesi, il contratto di mutuo va soggetto a registrazione in termine fisso (entro venti giorni) e sconta l’imposta proporzionale, nella misura del 3%, in base al disposto dell’art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, riferito a tutti gli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.
Tuttavia, se l’atto viene posto in essere sotto forma di corrispondenza commerciale, l’imposta è dovuta solo in caso d’uso.