Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 30.6.2016 n. 13378, hannno delineato l’ambito applicativo della dichiarazione fiscale integrativa, sia sul versante procedurale-amministrativo che contenzioso, al fine di eliminare i contrastanti orientamenti che si erano delineati.
TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI INTEGRATIVE
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione confermano che:
- ai sensi dell’art. 2 co. 8-bis del DPR 322/98, qualora la dichiarazione integrativa comporti un minor reddito o, comunque, un minor debito d’imposta o un maggior credito (c.d. integrativa “a favore del contribuente”), la dichiarazione può essere emendata solo entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, potendo compensare nel modello F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, il credito che ne deriva;
- qualora, invece, la dichiarazione integrativa sia “a sfavore del contribuente”, può essere presentata entro il termine decadenziale per l’accertamento, ai sen¬¬si dell’art. 2 co. 8 del DPR 322/98.
In analogia con la riforma del ravvedimento operoso effettuata dalla L. 23.12.2014 n. 190 (legge di stabilità 2015), sembra che la dichiarazione integrativa “a sfavore del contribuente” possa essere presentata anche a controllo fiscale iniziato, sempre che non sia stato ancora notificato l’atto impositivo.
PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI RIMBORSO
Spirato il suddetto termine per la presentazione della dichiarazione integrativa “a favore del contribuente”, la Cassazione conferma che non viene però meno la possibilità, per il contribuente stesso, di presentare la domanda di rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/73, entro il termine decadenziale di 48 mesi dal pagamento.
EMENDABILITÀ NEL CORSO DEL CONTENZIOSO
La Cassazione afferma inoltre che il contribuente, indipendentemente dalle modalità e dai termini della dichiarazione integrativa (di cui all’art. 2 del DPR 322/98) e dell’istanza di rimborso (di cui all’art. 38 del DPR 602/73), in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria.
Il contribuente, in sede di ricorso contro la cartella di pagamento emessa sulla base della dichiarazione, può quindi contestare il merito della pretesa anche sulla base di errori od omissioni presenti nella dichiarazione, indipendentemente dai termini indicati dall’art. 2 del DPR 322/98 e dall’art. 38 del DPR 602/73, che si riferiscono alla sola fase amministrativa.
Si conferma dunque l’orientamento favorevole al contribuente, già espresso in tema di censura sull’IRAP per mancanza dell’autonoma organizzazione (Cass. 22.1.2014 n. 1263) e sull’adeguamento al reddito minimo per le società di comodo (Cass. 21.6.2016 n. 12777), ove, successivamente alla condotta tenuta in dichiarazione, erano stati omessi i versamenti.
Decadenze previste da disposizioni normative
Quanto sopra esposto non vale però se l’irretrattabilità del dato indicato (o da indicare) nella dichiarazione ha fondamento normativo.
La Cassazione, infatti, stabilisce che il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze stabilite da specifiche disposizioni normative.