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La definizione delle liti fiscali pendenti

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L’art. 11 del D.L. 50/2017 (Manovra correttiva per il 2017) convertito in Legge n. 96 del 21 giugno 2017 (in G.U. n. 144 del 23.06.2017), ha introdotto l’istituto della “Definizione agevolata delle controversie tributarie” per tutti i ricorsi notificati entro il 24 aprile 2017.

La disposizione normativa citata prevede la possibilità per i contribuenti di chiudere in modo agevolato le controversie pendenti innanzi la giurisdizione tributaria, mediante il pagamento dei soli importi richiesti dall’atto impugnato e dei relativi interessi da ritardata iscrizione a ruolo, esonerando invece gli stessi dal pagamento delle sanzioni collegate al tributo e degli interessi di mora.

La procedura introdotta offre ai contribuenti la possibilità di chiudere le liti pendenti in ogni stato e grado del giudizio (anche in Cassazione) in cui è parte l’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, il comma 1-bis, introdotto in sede di conversione del Decreto, all’art. 11 consente anche agli Enti territoriali di stabilire, entro il 31 agosto 2017, con l’adozione di propri atti, l’applicazione delle disposizioni in materia di definizione agevolata.

La procedura da seguire (modalità, termini ed importi da versare) per ottenere il beneficio della definizione in forma agevolata è dettato specificamente in seno al citato art. 11.

Ai fini del perfezionamento della procedura, pena la decadenza dai benefici della definizione, sono tuttavia previsti tempi molto stretti. Infatti, il pagamento delle somme dovute dovrà avvenire in unica soluzione o, nel caso di importi superiori a 2.000 euro, in forma rateale ma in un numero massimo di tre rate delle quali l’ultima entro il 30 giugno 2018. Appare chiaro, pertanto, che lo strumento si presta ad un più agevole utilizzo solo da parte di quei contribuenti che abbiano piccoli importi da definire o notevoli disponibilità finanziarie per ottemperare ai cospicui pagamenti in tempi ridotti.

Liti definibili

La definizione interessa le controversie pendenti (ossia prive alla data della domanda di una pronuncia definitiva) di competenza della giurisdizione tributaria in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate.

Trattasi, in breve, dei processi relativi a tutte le imposte gestite dall’Agenzia delle Entrate, quindi IRES, IRPEF, addizionali regionali e comunali, IVA, IRAP, imposta di registro, imposta di successione, canone RAI e così via.

Potranno altresì essere definite le liti aventi quale controparte gli Enti territoriali che entro il 31 agosto 2017 avranno deliberato, l’adesione all’istituto della definizione.

Dunque sarà possibile accedere alla definizione agevolata anche per ICI, IMU e TASI, se afferenti un Ente locale che abbia deliberato pro tempore l’adesione alla definizione agevolata.

È bene precisare che si deve fare riferimento alle controversie in cui l’Agenzia delle Entrate o l’Ente territoriale è coinvolto sia come attore sia come convenuto.

Inoltre, ai fini della validità della definizione, l’Agenzia delle Entrate o l’Ente territoriale devono essere parte nel processo e tale è anche quella che, ancorché non evocata in giudizio dal ricorrente, ha comunque preso parte alla controversia. Pertanto, saranno definibili altresì le liti nelle quali l’Agenzia delle Entrate o l’Ente territoriale siano intervenuti volontariamente o chiamati in causa.

Sono definibili, in ogni caso, solo le controversie il cui ricorso sia stato notificato alla controparte entro il 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del Decreto) e per le quali alla data di presentazione della domanda di cui al comma 1 dell’art. 11 il processo non si sia concluso con una pronuncia definitiva.

Le controversie che rispettano i requisiti citati sono dunque definibili a prescindere dalla tipologia di atto impugnato.

La diversa formulazione normativa dell’istituto in commento rispetto ai precedenti condoni del 2002 e del 2011 porta infatti a ritenere che possano formare oggetto di definizione tutte le controversie incardinate innanzi ai Giudici tributari, limitandosi a prevedere esclusivamente la partecipazione dell’Agenzia delle Entrate o dell’Ente territoriale nel processo, senza fare alcuna distinzione tra atti impositivi veri e propri e atti di mera liquidazione, come invece avvenuto in precedenza.

Si ricorda infatti, che in seno ai precedenti condoni si era consolidato l’orientamento (invero non condiviso dalla giurisprudenza) in base al quale non avrebbero dovuto ritenersi definibili le controversie afferenti ruoli emessi ex art. 36-bis e art. 54-bis D.P.R. 633/72 qualora aventi ad oggetto imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate. E ciò in quanto al recupero delle imposte non versate non si provvede, mediante atto “impositivo” ma con atto di mera riscossione, ricognitivo di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione. Tale conclusione trovava scaturigine nell’art. 16, comma 3, della Legge n. 289/2002 contenente la nozione di lite pendente ai fini del condono fiscale concesso nel 2002, valevole anche ai fini del condono del 2011 per l’espresso rinvio contenuto nell’art. art. 39, comma 12 del Decreto Legge n. 98 del 06/07/2011. Il citato articolo definiva lite pendente “quella in cui è parte l’Amministrazione Finanziaria avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, …”.

La disposizione richiamata aveva indotto l’Agenzia delle Entrate a sostenere nella Circolare n. 48 del 2011 la non definibilità dei ruoli ex art. 36-bis D.P.R. 600/73 e art. 54-bis D.P.R. 633/72, in quanto atti di mera liquidazione di imposte dichiarate e non versate e non invece atti impositivi veri e propri.

Tuttavia appare chiaro che, nella formulazione dell’istituto di cui all’art. 11 del D.L. 50/2017 il Legislatore, diversamente dal passato, ha omesso di fare riferimento alla tipologia di atto impugnato pertanto non dovrebbero residuare incertezze in merito alla definibilità delle cartelle di pagamento contenenti anche tali tipologie di ruoli, laddove parte della controversia sia anche o solo l’Agenzia delle Entrate.

Per la stessa motivazione, sono definibili i ruoli iscritti ex art. 36-ter D.P.R. 600/73 (controllo formale), atteso che in questa fattispecie, di fatto, l’Agenzia delle Entrate rettifica la dichiarazione presentata dal contribuente disconoscendo, in tutto o in parte, deduzioni e detrazioni.

Le liti afferenti gli Enti territoriali

Ai sensi del co. 1-bis dell’art. 11 potranno altresì essere definite le liti aventi quale controparte gli Enti territoriali che entro il 31 agosto 2017 avranno deliberato, con l’adozione di propri atti, l’adesione all’istituto della definizione. Pertanto, potranno formare oggetto dell’istituto in commento tutte le liti fiscali aventi ad oggetto tributi amministrati dagli Enti individuati dall’art. 114 della Costituzione (Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni) e dall’art. 2 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali (le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi fra Enti territoriali, ecc.), che entro la predetta data abbiano opportunamente deliberato l’adesione alla definizione.

L’IFEL (fondazione dell’ANCI), con una recente Nota illustrativa, ha chiarito che i Comuni che decideranno di aderire all’istituto dovranno farlo senza intaccare le scadenze previste per legge, se non limitatamente ai termini previsti per la rateizzazione.

Pertanto, il termine del 30 settembre non sarà derogabile dai Comuni i quali invece potranno intervenire sui termini della rateizzazione andando anche oltre il 30 giugno 2018.

Inoltre, nella stessa nota illustrativa si chiarisce che laddove il ricorso sia stato notificato da Equitalia ovvero da un concessionario privato iscritto all’Albo ministeriale valgono le seguenti considerazioni.

In caso di notifica da parte del concessionario privato, stante l’esistenza di un rapporto concessorio tra i due soggetti, le controversie instaurate nei confronti del solo Ente incaricato della riscossione saranno da ritenere definibili, anche se l’Ente impositore non era stato chiamato in causa.

Invece la conclusione dovrà ritenersi opposta laddove la notifica sia stata fatta a Equitalia.

Giudizi esclusi dalla definizione

Sono escluse dalla definizione agevolata, per espressa previsione del co. 4 dell’art. 11, le controversie riguardanti, anche solo in parte:

  • l’IVA riscossa all’importazione e le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, par. 1 lett. a) delle Decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007 e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014;
  • le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di stato ai sensi dell’art. 16 del Reg. (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Sono altresì da ritenere escluse dalla definizione agevolata:

  • le controversie riguardanti atti emessi dall’Agente della Riscossione quali, ad esempio, iscrizioni di ipoteca, fermi amministrativi (fermo restando quanto già chiarito al punto precedente in merito ai ruoli formati ex art. 36-bis, 36-ter D.P.R. 600/73 e art. 54-bis D.P.R. 633/72);
  • le controversie aventi ad oggetto il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi (liti di rimborso);
  • le liti catastali;
  • i ricorsi contro i dinieghi (dilazione dei ruoli, iscrizione registro ONLUS, ecc.);
  • le revoche di agevolazioni, sempreché con il provvedimento oggetto di impugnazione, oltre il diniego e/o revoca, l’Amministrazione finanziaria non abbia preteso la corresponsione del tributo e delle eventuali sanzioni.

In ogni caso, sono escluse dalla definizione quelle controversie che, ancorché avviate e pendenti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, non sono di competenza del Giudice tributario. Si tratta del classico esempio di improcedibilità del ricorso per incompetenza del Giudice adito.

Gli Organi giudiziari coinvolti nella definizione

In forza di quanto previsto dall’art. 11 del D.L. 50/2017, possono essere definite, le liti fiscali che, alla data di entrata in vigore del citato Decreto (24 aprile 2017), risultavano già devolute alla cognizione delle Commissioni Tributarie di primo grado e per le quali alla data di presentazione della domanda di adesione alla definizione agevolata non sia intervenuta una pronuncia definitiva.

Sono definibili tutte le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate o l’Ente territoriale aderente, in ogni stato e grado del giudizio, compresa la Cassazione anche a seguito di rinvio.

Rientrano inoltre tra le liti definibili ai sensi dell’art. 11, le controversie che dopo un eventuale giudizio di Cassazione, siano state rinviate alle Commissioni Tributarie di merito per effetto dell’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Soggetti coinvolti nella definizione

La domanda di adesione alla definizione agevolata potrà essere presentata, ai sensi del co. 1 dell’art. 11, dal soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio (ricorrente) o da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Si pensi al subentro degli eredi ovvero alle vicende straordinarie che possano interessare in pendenza di giudizio la vita dell’impresa.

Valore della lite definibile

A differenza di quanto previsto nei precedenti condoni, la nuova procedura di definizione, consente l’accesso alla medesima a tutte le controversie tributarie pendenti a prescindere dal valore della lite.

Sono definibili le liti d’importo inferiore a € 20.000, ancorché soggette a reclamo e mediazione ex art. 17-bis D.Lgs. 546/92, sempreché il ricorso introduttivo sia stato notificato entro il 24 aprile 2017.

In questi casi la definizione è ammissibile anche in presenza di ricorso notificato all’Ente impositore ma non ancora depositato presso la CTP.

L’ambito applicativo del nuovo istituto appare dunque più ampio rispetto a quello previsto dal condono del 2011. La precedente versione del condono fiscale restringeva infatti sensibilmente l’ambito di applicazione dell’istituto in quanto affinché la lite fosse definibile doveva avere un valore non superiore a 20.000 euro. Solo le liti “minori”, dunque, erano idonee ad entrare nel mirino della definizione agevolata. L’istituto previsto dall’art. 11 del D.L. 50/2017 risulta pertanto uno strumento utilizzabile anche da quei contribuenti che nel 2011 non avevano potuto aderire al condono fiscale a causa del valore della lite pendente con il Fisco.

La presentazione della domanda

Il contribuente che desideri aderire alla definizione agevolata deve presentare apposita domanda (che sarà messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate) entro il 30 settembre 2017. In particolare dovrà essere presentata una specifica domanda, esente da bollo, per ciascuna autonoma controversia, ovvero per ciascun atto impugnato. Pertanto, se il contribuente con lo stesso ricorso ha impugnato più atti, la domanda di definizione dovrà essere presentata per singolo atto impugnato.

Importi da versare

Il contribuente per potere aderire alla definizione agevolata delle liti, dovrà versare:

  • l’intero importo richiesto nell’atto impugnato in primo grado ed i relativi interessi di ritardata iscrizione a ruolo calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto, al netto delle sanzioni collegate al tributo e degli interessi di mora;
  • nel caso di controversia relativa esclusivamente agli interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi il contribuente dovrà versare solo il 40% di essi;
  • se la controversia pendente riguarda esclusivamente le sanzioni collegate ai tributi (es. tardivo versamento di imposte) nulla dovrà essere versato e la definizione produrrà l’effetto dello stralcio integrale di queste, ma il contribuente dovrà ugualmente presentare la domanda di definizione agevolata.

Importi versati in pendenza di giudizio

Gli atti tributari sono dotati di esecutività quindi, in assenza di sospensione (giudiziale, amministrativa o comunque “ex lege”), le somme richieste negli atti impugnati devono essere corrisposte, seppure a titolo provvisorio, anche in pendenza di giudizio. Per effetto delle disposizioni vigenti il contribuente pertanto potrebbe aver già versato una parte degli importi dei quali chiede la definizione (ad esempio un 1/3 degli importi dovuti a titolo d’imposta il caso di giudizio pendente il giudizio di primo grado, i 2/3 delle somme dovute dopo la sentenza della CTP che respinge il ricorso ecc.).

In questi casi il comma 7 dell’art. 11 prevede che in ogni caso gli importi già versati dal contribuente per effetto delle disposizioni in materia di riscossione in pendenza di giudizio, vadano scomputati dal totale degli importi dovuti.

Definizione liti fiscali e rottamazione dei ruoli

Coloro che hanno già presentato richiesta di adesione alla rottamazione dei ruoli ex. art. 6 del D.L. n. 193 del 22/10/2016, possono fruire comunque della definizione agevolata ma solo unitamente a quest’ultima. Il comma 5 dell’art. 11 del D.L. 50/2017 prevede infatti un’apposita disciplina di raccordo tra i due istituti che facilmente avrebbero potuto sovrapporsi. Il Legislatore ha dunque, previsto, esplicitamente, che il contribuente che ha già richiesto di aderire alla rottamazione dei ruoli, potrà comunque usufruire della definizione agevolata delle controversie tributarie ma solo unitamente a quella di cui al predetto articolo 6. Tuttavia dagli importi da versare ai fini della definizione delle liti pendenti andranno scomputati quelli dovuti per la c.d. “rottamazione dei ruoli”.

Dunque, qualora il contribuente abbia già proposto pro tempore l’istanza di rottamazione dei ruoli, ai fini della definizione agevolata della relativa lite pendente questi sarà chiamato a versare solo il residuo capitale, maggiorato di interessi da ritardata iscrizione a ruolo, al netto delle sanzioni collegate al tributo e agli interessi di mora che non saranno dovuti per effetto della definizione.

Ovviamente, ove a seguito della rottamazione dei ruoli il contribuente abbia già estinto il proprio debito con l’Erario (rottamazione integrale della pretesa tributaria), nulla residuerà da versare in sede di definizione agevolata della controversia.

Non si darà luogo, invece, alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto.

Termini per il versamento degli importi dovuti

Il contribuente dovrà versare gli importi dovuti ai fini della definizione:

a) in un’unica rata entro il 30 settembre 2017 se l’importo dovuto non supera 2.000 euro;

b) in un numero massimo di tre rate se l’importo dovuto è superiore a 2.000 euro ma attenendosi ai seguenti criteri:

la prima rata d’importo pari al 40% del totale entro il 30 settembre 2017;

la seconda rata pari all’ulteriore 40% entro il 30 novembre 2017;

la terza ed ultima rata di ammontare pari al residuo 20% entro il 30 giugno 2018.

Attenzione: il contribuente dovrà eseguire un separato pagamento per ciascuna autonoma controversia.

30 SETTEMBRE 2017

PAGAMENTO PRIMA O UNICA RATA (40%)

30 NOVEMBRE 2017

PAGAMENTO SECONDA RATA (40%)

30 GIUGNO 2018

PAGAMENTO TERZA E ULTIMA RATA (20%)

Perfezionamento della definizione

La definizione si perfeziona:

  • con la presentazione della domanda;
  • con il pagamento dell’intero importo o della prima rata.

La domanda, ai fini del perfezionamento della sanatoria, va presentata anche se non ci sono importi da versare.

Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima del 24 aprile 2017.

Mancato pagamento delle rate o ritardi

Il mancato pagamento di una rata successiva alla prima legittima l’irrogazione di una sanzione pari al 45% degli importi ancora dovuti a titolo di imposta, oltre che l’intera riscossione coattiva del dovuto.

Per i lievi inadempimenti opera una disciplina particolare, che consente di limitare gli effetti della suddetta sanzione, oppure di far sì che (se l’inadempienza riguarda la prima rata o la totalità delle somme) non si decada dalla definizione.

Impugnabilità del diniego alla definizione

Il contribuente potrà impugnare l’eventuale diniego alla definizione (notificato, con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali, non oltre il 31 luglio 2018) entro 60 giorni dalla notifica (anche cumulativamente alla pronuncia giurisdizionale che ha deciso la lite) dinanzi all’Organo giurisdizionale presso il quale pende la lite (ovvero al Giudice competente per l’impugnazione ove questa sia cumulativa).

Il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione.

Effetti della Definizione sui processi in corso

La definizione agevolata produce effetti anche in ordine ai termini per l’impugnazione e alla sospensione del processo.

SOSPENSIONE SEMESTRALE DEI TERMINI DI IMPUGNAZIONE, ANCHE INCIDENTALE, DELLE PRONUNCE GIURISDIZIONALI E DI RIASSUNZIONE CHE SCADONO DAL 24 APRILE AL 30 SETTEMBRE 2017.

Tale sospensione non è subordinata all’adesione alla definizione agevolata ma opera automaticamente per effetto dell’introduzione della norma. Pertanto, per effetto di tale sospensione, un’eventuale sentenza depositata presso la segreteria della Commissione Tributaria adita in data 10/12/2016, anziché passare in giudicato il 10/06/2017, resterà sospesa fino al 10/12/2017. Invero, la sospensione dei termini impedisce fino al 30 settembre 2017 il passaggio in giudicato delle decisioni i cui termini di impugnativa erano ancora pendenti al 24 aprile 2017, data di entrata in vigore del Decreto.

Inoltre, la sospensione opera sia per le sentenze sfavorevoli al contribuente sia per quelle favorevoli, ossia quando l’eventuale appello o ricorso in Cassazione può essere proposto dall’Ufficio.

Nessuna sospensione opera per le liti non definibili quali ad esempio le liti di rimborso, le liti catastali o i ricorsi contro i dinieghi (dilazione dei ruoli, iscrizione registro ONLUS, ecc.). Qualora si dubiti circa la definibilità della lite, atteso che il comma 9 dell’art. 11 prevede la sospensione solo per le controversie definibili, si ritiene opportuno notificare tempestivamente l’appello.

SOSPENSIONE DEL PROCESSO FINO AL 10 OTTOBRE 2017.

Tale sospensione però si ottiene solo dietro apposita richiesta del contribuente rivolta al Giudice, nella quale il contribuente dichiari di volersi avvalere della definizione agevolata delle controversie tributarie.

Inoltre, qualora entro il 10 ottobre 2017, il contribuente depositi copia della domanda di definizione e del versamento della prima rata o del totale importo dovuto, la sospensione del processo verrà prolungata fino al 31 dicembre 2018.

Coobbligati

Il co. 11 dell’art. 11 precisa che: “la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente”.

Pertanto, in presenza di più coobbligati (ad esempio, alienante e acquirente, coeredi o soci di società di persone), la definizione effettuata da parte di uno di essi esplica efficacia anche a favore degli altri.

Tale effetto si verificherà sia nel caso sia pendente un’unica lite nella quale siano costituiti tutti gli interessati, sia qualora siano pendenti distinte liti aventi ad oggetto lo stesso atto (ad esempio, in materia di imposta di registro avviso di rettifica impugnato separatamente da acquirente e venditore) sia, infine, qualora solo uno o parte degli interessati abbia presentato ricorso.

Tuttavia, nel caso di istaurazione di più giudizi distinti, andrà richiesta l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere anche con riguardo alle altre controversie, instaurate dai coobbligati, interessate dalla medesima definizione.

Invece, nel caso in cui solo uno o parte degli interessati abbia presentato ricorso e pertanto la pretesa impositiva si è resa definitiva soltanto nei confronti di alcuni dei soggetti interessati dall’atto impugnato, l’effetto definitorio dell’iniziativa assunta dal ricorrente impedisce all’Agenzia di esercitare ulteriori azioni nei confronti degli altri soggetti interessati, per i quali la lite non sia più pendente, fermo restando che non si farà comunque luogo a rimborso di somme già versate.

Infine, trattandosi di estinzione del processo prevista dalla legge, non si fa luogo al pagamento di eventuali spese di lite che, ai sensi dell’art. 46, comma 3, del D.Lgs. 546/1992, “… restano a carico della parte che le ha anticipate.”

Litisconsorzio necessario

In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone, delle associazioni e dei soci delle stesse, comporta che la controversia riguardi inscindibilmente sia la società che tutti i soci sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi. E ciò in quanto in questi casi si realizza un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario.

Tuttavia, in materia di condoni fiscali, le posizioni dei singoli soci e della società seppur correlate rimangono autonome ed indipendenti. Questa la posizione ormai assunta sia dall’Agenzia delle Entrate nelle Circolari emesse in occasione dei precedenti condoni, sia dalla consolidata giurisprudenza sul punto. Di conseguenza, l’eventuale definizione della lite da parte della società, limitatamente alle sole imposte accertate nell’atto indirizzato alla medesima, non esplica efficacia nei confronti dei soci, con riguardo ai redditi di partecipazione accertati in capo a questi ultimi. Le controversie instaurate dai diversi soci di società di persone in materia di imposte sui redditi da partecipazione, ai soli fini della definizione agevolata, sono da considerarsi come liti autonome. Pur avendo una matrice comune, esse sono, ai fini del condono, distinte e autonome sia tra loro stesse sia rispetto alla lite instaurata dalla società. Pertanto, laddove uno o più soci definiscano la controversia instaurata con riguardo al proprio reddito di partecipazione, tale definizione non sortirà alcun effetto sui giudizi istaurati dalla società e dagli altri soci rimasti inerti, i quali potranno comunque decidere di proseguire nei propri giudizi autonomamente incardinati. Parimenti nell’ipotesi in cui la società accertata provveda a definire con condono la pretesa tributaria avanzata con atto di accertamento emesso nei propri confronti, questo non potrà riverberare effetti anche sui soci, ancorché litisconsorti necessari per effetto dell’unitarietà dell’accertamento nelle società di persone.

Contributi previdenziali

La definizione delle liti pendenti prevista dal D.L. 50/2017 è circoscritta alle pendenze tributarie e non anche a quelle contributive.

Per alcune tipologie di contribuenti, ad esempio artigiani e commercianti, l’avviso di accertamento genera effetti anche sul piano contributivo (maggiore reddito accertato = maggiori contributi).

Ai fini della definizione agevolata, tuttavia, i maggiori contributi non sono definibili, non essendo demandati alla giurisdizione tributaria.

Pertanto, la definizione della lite fiscale rigor legis non implica il venir meno dell’onere contributivo per il contribuente che ha definito ai fini delle imposte sul reddito, il quale sarà comunque tenuto a versare quanto richiesto in termini di contributi previdenziali.

Pronunce di inammissibilità

Sono considerate “liti pendenti” e pertanto ammesse alla definizione agevolata anche le liti instaurate mediante ricorsi dichiarati inammissibili e/o improcedibili in quanto proposti oltre i termini prescritti dalla legge ovvero privi dei requisiti di forma e di contenuto previsti dall’articolo 18 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (ad esempio, la sottoscrizione) purché non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito infatti che in tema di condono fiscale, la pendenza della lite va intesa in senso formale e non viene esclusa da una successiva pronuncia di inammissibilità o improcedibilità, occorrendo per la definitività della controversia l’esaurimento della lite mediante sentenza definitiva. (Sul punto ex pluris si cita Cass. Ord. n. 5316 del 17.03.2015)

Dello stesso avviso l’articolo 39 del D.L. n. 98/2011 (contenente le disposizioni in materia di condono fiscale del 2011) che rinvia all’articolo 16 co. 3 della Legge n. 289/2002 (recante la disciplina sul condono fiscale del 2002) ai sensi del quale “per lite pendente si intende anche quella per la quale l’atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”.

Fonte: Circolari Operative “il fisco”

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