Capita, non di rado, di trovarsi di fronte a degli accordi tra soggetti passivi Iva che prevedono, tra le righe, l’assunzione da parte dell’acquirente di beni o di servizi di un qualche impegno nei confronti del cedente o del prestatore, ovvero, operazioni permutative con obblighi di fare o permettere
Molto spesso le parti non si avvedono, però, della possibile sussistenza di una operazione permutativa e fissano, quindi, un corrispettivo unico e non invece, come dovrebbe essere ai fini Iva, un corrispettivo per la cessione dei beni o la prestazione dei servizi (dovuto dall’acquirente) e un corrispettivo per l’impegno assunto dall’acquirente (dovuto dal cedente/prestatore).
Si faccia, ad esempio, il caso di un contratto per lo svolgimento di un intervento edilizio in locali aperti al pubblico, con la previsione di un obbligo specifico per il committente di consentire, al termine dei lavori e per un determinato periodo di tempo, la apposizione nei propri locali di manifesti pubblicitari della ditta appaltatrice.
Si ipotizzi che in contratto venga esposto il solo ammontare che il committente si è impegnato a pagare al prestatore, pari, ad esempio, a euro 50.000,00.
Non avvedendosi della sussistenza di una operazione permutativa, il prestatore emetterà quindi una fattura per euro 50.000,00 di imponibile e euro 5.000,00 per Iva (ipotizzando che trattasi di interventi soggetti all’aliquota Iva del 10% e fuori dall’ambito del reverse charge), mentre il committente non emetterà alcuna fattura.
Ipotizzando un valore di euro 4.000,00 per l’obbligo assunto dal committente di consentire l’apposizione dei manifesti pubblicitari, la sussistenza di una operazione permutativa avrebbe, invece, richiesto l’emissione da parte del prestatore di una fattura per euro 54.000,00 di imponibile e euro 5.400,00 di Iva (aliquota 10%) e da parte del committente di una fattura di euro 4.000,00 di imponibile e euro 880,00 di Iva (aliquota 22%).
In tale ipotesi vi è quindi il rischio che, in occasione di una verifica, possa essere eccepita:
- la mancata fatturazione, da parte del prestatore, del maggior corrispettivo di euro 4.000,00, con conseguente recupero della maggior Iva di euro 400,00 e irrogazione, rispettivamente, al prestatore della sanzione per mancata fatturazione di parte del corrispettivo (da 100% a 200% della relativa Iva = da euro 400,00 a euro 800,00) e, al committente, della sanzione per mancata regolarizzazione della fattura del prestatore (100% della relativa Iva con un minimo di euro 500,00 = euro 500,00);
- la omessa fatturazione, da parte del committente, del corrispettivo di euro 4.000,00, con conseguente recupero della maggior Iva di euro 880,00 in capo e irrogazione, rispettivamente, al committente della sanzione per omessa fatturazione (da 100% a 200% della relativa Iva = da euro 880,00 a euro 1.720,00) e, al prestatore, della sanzione per mancata regolarizzazione della fattura non ricevuta (100% della relativa Iva con un minimo di euro 500,00 = euro 880,00).
Il rischio di non avvedersi della sussistenza di operazioni permutative consegue, molte volte, al non accorgersi che il consentire ad un soggetto di svolgere una determinata azione, a fronte di una controprestazione, costituisce una operazione rilevante ai fini Iva, per il combinato disposto:
- dell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, a norma del quale costituiscono prestazioni di servizi anche “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”;
- e del successivo art. 11, a norma del quale “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, …, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate”.
La norma da ultimo richiamata ha una portata più ampia di quella disciplinante la permuta in ambito civilistico (art. 1552 c.c.).
Infatti, mentre la norma civilistica definisce la permuta quale contratto unico, in cui le parti si obbligano reciprocamente al trasferimento della proprietà di beni o di altri diritti o ad effettuare prestazioni, la norma Iva prescinde dalla unitarietà del contratto, per considerare distintamente ciascuna delle prestazioni/cessioni cui le parti si sono reciprocamente obbligate.
Da ciò consegue che ciascuna delle distinte prestazioni/cessioni deve essere assoggettata alla disciplina prevista per quel tipo di prestazione/cessione e deve, quindi, seguire le specifiche regole statuite in merito al momento impositivo, alla base imponibile e all’aliquota da applicare.
In forza poi dell’art. 13, comma 2, lett. d), del decreto Iva, la base imponibile (da assoggettare ad Iva) è costituita “per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi di cui all’art. 11 (Operazioni permutative, ndr), dal valore normale dei beni e dei servizi che formano oggetto di ciascuna di esse”.
Peraltro, tale disposizione risulta essere in contrasto con la Direttiva europea, la quale limita l’applicazione del valore normale ad uno specifico elenco di casi tra i quali non rientrano le permute, se non riferite ai predetti casi. Sulla questione si attende però il necessario intervento normativo che allinei la disposizione interna ai principi comunitari.
Sempre a riguardo delle operazioni permutative, va evidenziata una fattispecie che ricorre con una certa frequenza e che è quella del conduttore di un immobile detenuto in locazione che, in accordo con il locatore, esegue dei lavori di ristrutturazione di portata tale da comportare un vantaggio anche per il locatore, con conseguente riduzione del canore originariamente pattuito.
Per la Corte di Cassazione (sentenza n. 15808/06) tale fattispecie costituisce una operazione permutativa, con la conseguenza che il locatore è tenuto a fatturare l’intero canone originariamente pattuito (applicando il regime Iva previsto per i canoni di locazione), mentre il conduttore è tenuto a fatturare il vantaggio recato al locatore per i lavori di ristrutturazione eseguiti (applicando, è da ritenere, il regime Iva previsto per tale tipologia di lavori).
A margine di questa breve trattazione si vuole anche ricordare che, per quanto espressamente statuito dall’art. 80, comma 55, della L. n. 289/2002, “La concessione di costruzione e gestione di appalti pubblici di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, non costituisce operazione permutativa”.
Trattasi di una norma poco conosciuta e commentata, ma di particolare importanza per i soggetti che operano nell’ambito degli appalti pubblici, dato che comporta, in buona sostanza, la compensazione ai fini Iva dei corrispettivi per la costruzione con quelli per la concessione, in deroga alla regola generale sulle operazioni permutative.