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Per gli enti non commerciali dividendi sempre tassati al 77,74%

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Dividendi sempre tassati per gli enti non commerciali

L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto, nelle risposte rese durante la Videoconferenza del 22 gennaio 2015, che le modifiche apportate dall’art. 1 comma 655 della legge di stabilità 2015 alla disciplina dei dividendi percepiti dagli enti non commerciali riguardano indistintamente gli utili derivanti dalle partecipazioni possedute nell’ambito dell’attività istituzionale e nell’ambito della sfera commerciale.

Va sul punto ricordato che le modifiche in commento sono due. La prima riguarda l’aspetto “numerico” e prevede che la quota esclusa da imposizione di tali utili passi dal 95% al 22,26%. Tale aggravio impositivo ha effetto retroattivo per tutti i dividendi messi in distribuzione dal 1° gennaio 2014 anche se, limitatamente al 2014 stesso, è previsto un credito d’imposta pari alla differenza tra l’imposta dovuta in base al nuovo regime e l’imposta calcolata secondo le previgenti disposizioni (il credito, però, potrà essere recuperato solo a partire dal 2016); il credito d’imposta ha valenza meramente transitoria, in quanto dal 2015 gli enti non commerciali rimangono esposti alla maggiore tassazione senza più alcuna possibilità di sgravio.

La seconda modifica, sulla quale si innesta l’interpretazioneresa dall’Agenzia, concerne l’eliminazione dell’inciso “anche nell’esercizio di impresa” dall’art. 4 comma 1 lettera q) del DLgs. 344/2003 (norma che tuttora disciplina la fattispecie). Prima delle modifiche della L. 190/2014, infatti, la disposizione prevedeva che gli utili percepiti dagli enti non commerciali anche nell’esercizio di impresa non concorressero alla formazione del reddito imponibile nella misura del 95% del loro ammontare. Nell’attuale formulazione, la riduzione al 22,26% della percentuale di esclusione riguarda gli utili percepiti da tali enti, senza più alcuna indicazione ulteriore di sorta.

Così posta la legge, si poteva ipotizzare che le modifiche potessero riguardare i soli utili derivanti dalle partecipazioni possedute nell’ambito dell’attività istituzionale dell’ente. Mentre, infatti, in precedenza il trattamento uniforme degli utili “istituzionali” e degli utili “commerciali” era assicurato dal fatto che la quota imponibile del 5% riguardava anche gli utili percepiti in regime di impresa, l’attuale assetto normativo rendeva legittima una lettura per cui:
– da una parte, per gli utili di fonte istituzionale, operassero le nuove regole, con tassazione del 77,76% del dividendo;
– dall’altra parte, per gli utili percepiti nella sfera imprenditoriale, si dovessero applicare le ordinarie regole del reddito d’impresa che, per gli enti non commerciali, prevedono la tassazione nella medesima misura prevista per le persone fisiche che detengono partecipazioni nella sfera imprenditoriale, ovvero nel limite del 49,72% dell’utile percepito.

Aggravio non limitato alla sfera istituzionale dell’ente

L’impostazione assunta dall’Agenzia delle Entrate nel corso della Videoconferenza del 22 gennaio è stata di diverso tenore: è stato, infatti, sostenuto che la soppressione dell’inciso “anche nell’esercizio di impresa” non ha inteso determinare regole differenti di tassazione a seconda che le partecipazioni afferiscano alla sfera istituzionale o a quella commerciale; per entrambi, quindi, la tassazione avverrebbe nel limite del 77,74% (di fatto, quindi, sembra di capire che l’inciso presente nel vecchio testo della norma rivestisse carattere semplicemente “formale”, sicché la sua eliminazione non comporterebbe conseguenze di sorta).

Continuerebbe, quindi, la diversità di trattamento tra dividendi e plusvalenze (per queste ultime, infatti, rileva la natura delle partecipazioni possedute, in quanto solo le partecipazioni detenute quali beni d’impresa possono accedere alla participation exemption, con tassazione limitata al 49,72%), con un’importante differenza: mentre prima della L. 190/2014 la tassazione dei dividendi risultava più favorevole di quella delle plusvalenze, nell’attuale contesto le distribuzioni risultano tendenzialmente più onerose rispetto alle cessioni delle partecipazioni.

Venendo alle conseguenze pratiche della linea interpretativa dell’Agenzia, essa comporta in ogni caso un’imposta di 21,38 euro per ogni 100 euro di dividendo (a 100 euro di provento corrisponde, infatti, una base imponibile di 77,74, che moltiplicata per l’aliquota IRES del 27,5% dà un’imposta di 21,38); adottando, invece, le regole ordinarie per le partecipazioni afferenti la sfera imprenditoriale l’imposta sarebbe pari a 13,67 (importo ottenuto applicando l’aliquota IRES a 49,72). Numeri che possono avere un significato di mera notizia se scritti su un foglio di carta, ma che calati nella realtà di grandi enti non commerciali, quali le fondazioni bancarie, potrebbero preludere a situazioni di contenzioso con il Fisco per importi rilevanti.

 

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