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Impresa familiare, ne hai sentito parlare?

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Avrai sicuramente sentito parlare di impresa familiare e probabilmente ti starai chiedendo in cosa consista e soprattutto quali sono i vantaggi in termini fiscali.

Con l’impresa familiare il reddito dell’impresa confluisce di fatto, oltre che nel reddito complessivo del titolare, nel reddito complessivo dei collaboratori familiari, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili spettante a ciascuno.

Le imprese familiari vengono, di fatto, equiparate alle società di persone, ma con una differenza sostanziale:

  1. Nell’impresa familiare l’imprenditore è il solo titolare dell’impresa e su di esso gravano tutti gli obblighi di natura fiscale;
  2. Ai collaboratori familiari non può essere attribuito e dunque distribuito più del 49% del reddito imponibile. Il 51% deve rimanere in capo al titolare dell’impresa familiare.

Quali sono i requisiti per poter costituire un’impresa familiare?

Tra il titolare dell’impresa individuale e il collaboratore deve sussistere uno dei seguenti rapporti di parentela o affinità:

  1. coniugio;
  2. parentela entro il terzo grado (padre, madre, nonno/a, nipote, fratello, sorella, bisnonno/a, pronipote…);
  3. affinità entro il secondo grado (suocero/a, figlio/a del coniuge, nonno/a del coniuge, …);

e la prestazione lavorativa del collaboratore familiare nell’ambito dell’impresa dev’essere continuativa.

I familiari hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia; partecipano agli utili dell’impresa familiare; partecipano ai beni acquistati con essi; partecipano agli incrementi dell’azienda, compreso l’avviamento; in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.

Cosa bisogna fare per costituire un’impresa familiare?

Le norme fiscali richiedono che la costituzione dell’impresa familiare risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio prima dell’inizio del periodo d’imposta. Occorre quindi stipulare l’atto entro il 31 dicembre, perché abbia effetto dal successivo anno (art. 5, comma 4, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi).

Se la costituzione dell’impresa familiare è contestuale all’inizio dell’attività ai fini fiscali l’imputazione della quota al collaboratore avviene già dall’anno di costituzione.

Quali sono i vantaggi?

La costituzione di una impresa familiare, quando non si opta per una società di persone, è la scelta naturale dell’imprenditore che è supportato nel lavoro dai propri familiari.

Da un punto di vista fiscale, dal momento che il reddito viene diviso con i familiari, si avrà una minore pressione fiscale per effetto della minore aliquota applicata (proporzionalità dell’imposta).

I contributi Inps

Ciascun familiare partecipante all’impresa sarà tenuto a versare i contributi Inps sia fissi che variabili (in caso di superamento del minimale) nella misura stabilita annualmente dall’Inps. Il versamento dei contributi INPS viene effettuato dal titolare dell’impresa, anche per la quota spettante ai familiari. L’onere viene dedotto dai singoli collaboratori.

Premi Inail

Per i collaboratori dell’impresa familiare dovrà essere versato il premio Inail.

La Cessazione dell’impresa familiare

La cessazione dellimpresa familiare può avvenire sia per motivi strettamente legati alla cessazione della stessa attività:

  • per morte dell‘imprenditore;
  • trasferimento dellimpresa;
  • liquidazione;
  • fallimento;
  • decisione volontaria;

sia per il venir meno del rapporto tra l’imprenditore ed il familiare.

Lo scioglimento del rapporto, limitatamente ad un singolo partecipante, può dipendere da diverse cause: per impossibilità del familiare a continuare nell’attività lavorativa in via definitiva (non occasionale o temporanea), ad esempio morte, malattia, infortunio, ecc.; perdita dello status di familiare.

A seguito della cessazione della prestazione di lavoro, il singolo familiare ha diritto, in ogni caso, alla liquidazione della sua partecipazione, ossia alla liquidazione di utili e di incrementi individuati in funzione della qualità e quantità del lavoro prestato.

Secondo il 4° comma dell’art. 230 bis c.c. il diritto di partecipazione «può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione di lavoro».

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