Le perdite su crediti e le svalutazioni dei crediti sono disciplinate dagli articoli 101 e 106 del Tuir.
L’art. 101 disciplina le perdite su crediti deducibili senza limiti, mentre l’art. 106 le svalutazioni dei crediti, in base alla percentuale forfetaria massima di deducibilità.
Articolo 101, Tuir (perdite su crediti)
L’articolo 101, comma 5, Tuir, contiene le regole che devono essere seguite per la deduzione delle perdite su crediti, individuando in buona sostanza tre fattispecie:
- una regola di carattere generale, secondo cui le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi;
- una prima deroga per i crediti vantati verso debitori assoggettati a procedure concorsuali, o nei confronti di imprese che hanno concluso degli accordi di ristrutturazione dei debiti omologato a norma dell’articolo 182-bis della legge fallimentare;
- una seconda deroga prevista per i crediti di “modesto” importo, per i quali una volta decorso il termine di sei mesi rispetto alla scadenza di pagamento si presumono esistenti gli elementi certi e precisi per la deduzione della relativa perdita.
Crediti di modesta entità
A tal fine, l’articolo 101, comma 5, Tuir considera di modesta entità i crediti di importo non superiore a euro 2.500 (ovvero 5.000 per le grandi imprese, intendendosi per tali quelle con un volume d’affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro). |
Perdite su crediti vantati nei confronti di soggetti sottoposti a procedure concorsuali
Il comma 5 dell’articolo 101, Tuir, specifica che sono deducibili le perdite su crediti se “il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis, L.F. o un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), L.F. o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
Secondo la circolare n. 26/E/2013 il momento a decorrere dal quale tali perdite possono essere considerate componente negativa di reddito, corrisponde alla data della sentenza o del provvedimento di ammissione alla specifica procedura o del decreto di omologa dell’accordo di ristrutturazione.
Se ne desume pertanto che la valutazione della perdita non può essere arbitraria, ma supportata, per esempio, dalla documentazione redatta dagli organi della procedura.
La mancata deduzione in tutto o in parte delle perdite fiscali dei crediti nell’esercizio in cui sussistevano i requisiti per la deduzione, non costituisce violazione del principio di competenza fiscale sempreché ciò non avvenga oltre il periodo di imposta in cui i crediti andavano cancellati in applicazione dei Principi contabili.
Procedura concorsuale | Decorrenza |
Fallimento | Data della sentenza dichiarativa di fallimento |
Liquidazione coatta amministrativa | Data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa |
Concordato preventivo | Data del decreto di ammissione alla procedura |
Amministrazione straordinaria | Data del decreto che dispone la procedura |
Accordi di ristrutturazione dei debiti omologati | Data del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione |
Piano attestato di risanamento exarticolo 67, comma 3, lettera d), R.D. 267/1942 | Data di iscrizione nel Registro delle Imprese dei piani attestati di risanamento |
Debitori non soggetti a procedure concorsuali
Per i crediti vantati verso gli altri soggetti (ovvero quelli non soggetti a procedure concorsuali) il presupposto deve essere accertato caso per caso.
Il Legislatore tributario ammette in ogni caso la deducibilità di perdite che si possano considerare definitive e dimostrate da elementi certi e precisi. La prassi ministeriale, con la circolare n. 26/E/2013, ha ritenuto sussistere il presupposto per la deducibilità nei seguenti casi:
- decreto accertante lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore;
- denuncia di furto d’identità da parte del debitore exarticolo 494, c.p.;
- nell’ipotesi di persistente assenza del debitore ai sensi dell’articolo 49, cod. civ..
Sono inoltre considerati sufficienti elementi di prova ai fini della deducibilità della perdita tutti i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti, anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva.
Altri elementi di prova a sostegno dell’irrecuperabilità del credito sono rappresentati dalla documentazione idonea a dimostrare che il debitore si trovi nell’impossibilità di adempiere per un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria e incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l’instaurazione di procedure esecutive.
In questi casi assumono rilevanza le lettere dei legali incaricati della riscossione del credito (Corte di Cassazione, sentenza n. 3862/2001) o le relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti di cui all’articolo 115, Tulp a condizione che nei suddetti documenti siano esplicitate nel dettaglio le attività di recupero poste in essere e le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva a causa di un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria e incapienza patrimoniale del debitore.
Infine, la circolare n. 26/E/2013 ricorda che, in ipotesi di crediti commerciali di modesto importo, oltre a quanto previsto specificatamente dall’articolo 101, comma 5, Tuir si può prescindere dalla ricerca di rigorose prove formali in considerazione dell’eccessiva onerosità dell’azione di recupero rispetto al valore del credito.
In questi casi è consigliabile conservare le lettere del legale in cui si afferma l’antieconomicità del recupero del credito considerata la situazione patrimoniale del debitore.
Deduzione di crediti di modesta entità previsti dalla norma
L’articolo 101, comma 5, Tuir prevede espressamente che “gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso.
Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all’articolo 27, comma 10, D.L. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla L. 2/2009, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese”.
Al di fuori dei casi sopra illustrati, i crediti vantati verso soggetti non sottoposti a procedure di modesta entità e scaduti da più di 6 mesi possono essere portati a perdita in quanto si considerano automaticamente verificati gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma.
Per quanto concerne la modesta entità la circolare n. 26/E/2013 ha precisato che:
- la modesta entità va individuata considerando il valore nominale del credito e prescindendo da eventuali svalutazioni effettuate in sede contabile e fiscale;
- nell’ipotesi in cui l’impresa sia subentrata nella titolarità del credito per effetto di atti traslativi, occorre far riferimento al corrispettivo riconosciuto in sede di acquisto del credito, essendo quest’ultimo il valore fiscalmente deducibile come perdita ai sensi dell’articolo 106, comma 2, Tuir;
- qualora il credito sia stato riscosso parzialmente dall’impresa creditrice, la verifica della modesta entità deve essere condotta assumendo il valore nominale del credito al netto degli importi incassati;
- il limite quantitativo della modesta entità deve essere effettuata considerando anche l’imposta sul valore aggiunto oggetto di rivalsa nei confronti del debitore;
- non assumono rilevanza, invece, gli interessi di mora e gli oneri accessori addebitati al debitore in caso di inadempimento, poiché fiscalmente deducibili in maniera autonoma rispetto al valore del credito.
Il credito è considerato di modesta quando l’importo non è superiore a:
- 5.000 euro per le imprese di più rilevanti dimensioni ovvero imprese che hanno conseguito un volume di affari non inferiore a 100.000 euro;
- 2.500 euro per le altre imprese.
Sulla base di quanto chiarito dalla circolare n. 26/E/2013 la verifica del limite quantitativo di 2.500 euro, ovvero 5.000 euro, deve essere effettuata in relazione al singolo credito corrispondente a ogni obbligazione posta in essere dalle controparti. Non rileva, quindi, la circostanza che in capo al medesimo debitore sussistano più posizioni creditorie. In altre parole, come esposto dagli esempi della citata circolare, nel caso in cui al termine del periodo d’imposta si abbia nei confronti di un medesimo debitore 2 crediti scaduti da almeno 6 mesi con un valore nominale pari a 3.000 euro e 4.000 euro per la verifica del limite quantitativo si deve tener conto del singolo credito. Pertanto per entrambi i crediti risulta rispettato il requisito della modesta entità, senza necessità di verificare che la somma del valore nominale dei 2 crediti (pari a 7.000 euro) supererebbe il limite dei 5.000 euro stabilito dalla norma. Ciò è applicabile, però, in presenza di obbligazioni riconducibili a rapporti giuridici autonomi e non anche nella diversa ipotesi in cui l’obbligazione derivi da un rapporto giuridico unitario tra le controparti. Questo accade, per esempio, in presenza di contratti di somministrazione, nel qual caso la verifica della modesta entità deve avere come riferimento il saldo complessivo dei crediti scaduti da almeno 6 mesi al termine del periodo d’imposta riconducibile allo stesso debitore e al medesimo rapporto contrattuale. La circolare fa esplicito riferimento al saldo complessivo dei crediti scaduti da almeno 6 mesi.
Contratto di somministrazione
Nell’ipotesi in cui al termine del periodo di imposta a fronte di un contratto di somministrazione vi siano 2 crediti scaduti da almeno 6 mesi di importo pari a 3.000 euro e 1.500 euro e un credito di 2.000 euro scaduto da meno di 6 mesi la verifica della modesta entità vada effettuata considerando il saldo dei 2 crediti scaduti da 6 mesi e non anche il credito (2.000 euro) per il quale non risulta ancora decorso il termine dei 6 mesi.
Esercizio di deducibilità del credito
In base a quanto previsto dall’articolo 109, Tuir la perdita del credito è deducibile nell’esercizio in cui trova imputazione a Conto economico. Come per i crediti vantati verso soggetti sottoposti a procedure concorsuali, anche per i crediti di “modesto importo”, il comma 5-bis dell’articolo 101, Tuir dispone che la deducibilità della perdita è ammessa, a decorrere dalla scadenza dei 6 mesi, nel medesimo periodo di imputazione a bilancio. È da ritenere che la scelta del periodo di imputazione dipenda dalla corretta applicazione dei Principi contabili.
Pertanto il termine dei 6 mesi rappresenta solo il momento a partire dal quale la perdita può essere dedotta. In altre parole qualora l’impresa, in coerenza con l’applicazione corretta dei Principi contabili, imputi la perdita nel Conto economico relativo ad un esercizio successivo a quello in cui maturano i 6 mesi dalla scadenza del credito, anche la deduzione fiscale deve essere rinviata a tale periodo d’imposta.
Assume molta importanza, quindi, nella determinazione del periodo di deduzione del credito, la dimostrazione di aver proceduto applicando correttamente i Principi contabili, altrimenti si potrebbe essere di fronte a un mero arbitraggio fiscale contestabile dall’Amministrazione finanziaria.
Perdita imputata in un esercizio in cui non sono ancora decorsi i 6 mesi
Nell’ipotesi in cui la perdita su crediti in applicazione dei Principi contabili sia imputata in un esercizio in cui non sono ancora decorsi i 6 mesi e quindi non sia stata fiscalmente dedotta, la stessa dovrà considerarsi deducibile nel periodo d’imposta di maturazione del semestre. Il contribuente in tal caso effettuerà una variazione in diminuzione nella dichiarazione dei redditi.
È comunque previsto un limite temporale alla deducibilità del credito che è rappresentato dal periodo di imposta in cui, in base ai Principi contabili, il credito dovrebbe essere cancellato dal bilancio.
Deducibilità delle perdite su crediti prescritti
L’articolo 101, comma 5, Tuir prevede, inoltre, che sussistono gli elementi certi e precisi quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. La prescrizione, come definita dall’articolo 2943, cod. civ., consiste nella perdita di qualsiasi diritto giuridico, economico e patrimoniale sul credito, che si configura con la prescrizione di ogni azione finalizzata a soddisfare la partita creditoria. In presenza, quindi, del decorrere del periodo di tempo previsto per la prescrizione del credito si realizza automaticamente il presupposto per la deducibilità. Non facendo riferimento ad alcun valore del credito la deduzione è applicabile a crediti di qualunque importo. Come precisato dalla circolare n. 26/E/2013 resta salvo il potere dell’Amministrazione di contestare che l’inattività del creditore abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale.
Sarà opportuno, pertanto conservare tutta la documentazione necessaria per dimostrare che l’impresa si è attivata in ogni modo alla riscossione del credito prima della decorrenza del termine prescrizionale.
Deducibilità delle perdite su crediti a seguito della cancellazione dei crediti
L’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 101, Tuir, prevede un’ultima ipotesi in cui si realizzano gli elementi certi e precisi che consentono la deducibilità del credito, ovvero la cancellazione dei crediti in bilancio operata in applicazione dei Principi contabili. La norma in esame è applicabile sia nei confronti di chi adotta i Principi contabili nazionali sia a coloro che utilizzano i Principi contabili internazionali.
La circolare n. 14/E/2014 ha precisato che la presunzione di ricorrenza degli elementi certi e precisi sussista nelle ipotesi di cancellazione dei crediti dal bilancio contemplate dal Oic 15 ovvero quando:
a) i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente);
b) la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito.
I diritti contrattuali si estinguono per pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e ogni altro evento che fa venire meno il diritto a esigere un determinato ammontare di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti. Riguardo alla rinuncia al credito, che viene considerata dall’Oic 15 quale causa di estinzione dei diritti contrattuali, si pone in risalto la sentenza della Corte di Cassazione n. 7860/2016 che dispone, che ove la perdita derivi da rinuncia al credito, occorre che l’atto unilaterale di rinuncia sia giustificato da un’effettiva irrecuperabilità del credito, rientrando diversamente negli atti di liberalità indeducibili ai fini fiscali. Sarà pertanto essenziale mantenere la documentazione necessaria che dimostri l’irrecuperabilità del credito.
In merito alla deducibilità dei crediti da parte delle imprese che adottano i Principi contabili internazionali, la circolare n. 26/E/2013 aveva precisato che l’evento estintivo del credito (tale da giustificare la cancellazione dello stesso in bilancio) si verifica nelle ipotesi in cui è possibile effettuare la derecognitiondi (eliminazione) di un credito.
Al riguardo lo Ias 39 (§ 17 e ss.) consente la derecognitiondi (eliminazione) di un’attività finanziaria (tra cui rientrano i crediti) iscritta in bilancio, se:
a) i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dalla stessa scadono;
b) l’impresa trasferisce i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari dell’attività finanziaria, realizzando il sostanziale trasferimento di tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività finanziaria;
c) l’impresa mantiene i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari dell’attività finanziaria, ma assume un’obbligazione contrattuale a pagare i flussi finanziari a uno o più beneficiari, realizzando il sostanziale trasferimento di tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività finanziaria.
Infine si rileva che la circolare n. 26/E/2013 ha precisato che il fondo svalutazione crediti così come previsto dall’articolo 106, Tuir deve essere utilizzato, in via preliminare, al verificarsi di perdite su crediti che presentano i requisiti di deducibilità di cui all’articolo 101, comma 5, Tuir sopra indicati. Queste, pertanto, riducono il reddito imponibile dell’esercizio in cui sono rilevate solo per la parte che eccede l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi.
A fronte di un fondo svalutazione crediti di 10.000 euro che deriva da accantonamenti dedotti, una perdita su crediti pari a 15.000 euro sarà deducibile per 5.000 euro. |
Articolo 106, Tuir (svalutazioni e accantonamenti dei crediti)
L’articolo 106, Tuir disciplina il trattamento fiscale delle svalutazioni e accantonamenti dei crediti commerciali avvenuti in ambito civilistico. È noto, infatti che sia che si proceda alla valutazione dei crediti con il metodo del costo ammortizzato o che non si applichi tale metodo, nella valutazione del credito occorre tener conto del valore di presumibile realizzo procedendo quindi, ove opportuno, ad effettuare adeguate svalutazioni. Qualora in sede civilistica non si sia provveduto ad effettuare svalutazioni in quanto ritenuto il valore nominale del credito espressione del suo realizzo, non potranno essere effettuate svalutazioni in ambito fiscale.
L’articolo in commento si occupa del limite di deducibilità delle svalutazioni ed accantonamenti per rischi su crediti effettuata in ambito civilistico per masse a differenza dell’articolo 101, Tuir che disciplinava le perdite definitive dei crediti.
Nello specifico i commi 1 e 2 dell’articolo 106, Tuir prevedono che per le imprese commerciali e industriali le svalutazioni effettuate in bilancio sono deducibili:
- per un ammontare massimo pari allo 0,5% calcolato sul valore nominale dei crediti non coperti da garanzia. Nel computo del limite si deve tenere conto anche degli accantonamenti per rischi su crediti ad apposito fondo;
- fino a quando il totale delle svalutazioni e accantonamenti effettuati non abbia raggiunto il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti iscritti in bilancio alla fine dell’esercizio.
La norma continua a richiamare il valore nominale del credito, ma il calcolo delle svalutazioni forfettarie deve essere effettuato sul valore fiscale del credito che non è detto corrisponda al valore nominale in quanto si deve considerare quello che risulta dalla corretta applicazione del costo ammortizzato, come confermato dall’Agenzia delle entrate nel corso di telefisco 2018. La base di calcolo è quindi commisurata al valore dei crediti in bilancio, per la parte di importo non coperto da garanzia assicurativa, dei crediti derivanti dalle cessioni di beni e prestazioni di servizi previsti dall’articolo 85, comma 1, Tuir.
Sono esclusi dal calcolo, a titolo esemplificativo, i crediti derivanti da:
- crediti coperti da garanzia assicurativa (risoluzione n. 701/1993);
- crediti derivanti dalla cessione di beni strumentali;
- crediti commerciali ceduti in factoring sia pro soluto che pro solvendo;
- crediti ceduti allo sconto anche se con clausola SBF (risoluzione n. 225/E/1995);
- crediti per interessi di mora;
- crediti per prestiti concessi ai dipendenti.
Qualora la svalutazione effettuata ai fini civilistici rientra nei limiti fiscali indicati è ammessa interamente in deduzione.
Nella pratica sarà quindi necessario:
- individuare l’importo su cui calcolare l’aliquota dello 0,5%;
- applicare l’aliquota dello 0,5% sull’importo di cui al punto precedente. Il valore così ottenuto corrisponde all’importo massimo teoricamente accantonabile ai fini fiscali;
- applicare l’aliquota del 5% sul valore di cui al primo punto.
L’importo ottenuto corrisponde al limite fiscale del fondo rischi da confrontare con il fondo rischi su crediti risultante dal bilancio. Dal confronto dell’importo del fondo rischi in bilancio con l’importo massimo riconosciuto fiscalmente possono verificarsi le seguenti situazioni:
a) il fondo rischi corrisponde a quello fiscale: l’accantonamento dell’esercizio è indeducibile;
b) il fondo rischi è minore di quello fiscale: la svalutazione è ammessa per la minor somma tra lo 0,5% dell’accantonamento e la differenza tra il limite fiscalmente ammesso (5% dei crediti) e il fondo svalutazione crediti alla chiusura dell’esercizio;
c) il fondo svalutazione crediti in bilancio è maggiore del limite fiscale: l’accantonamento dell’esercizio non è deducibile.
ESEMPIO 1
Crediti verso clienti al 31 dicembre 2018 | € 100.000,00 |
Quota di accantonamento fiscale 100.000,00 x 0,5% | € 500,00 |
Fondo fiscale massimo consentito 100.000,00 x 5% | € 5.000,00 |
Fondo fiscale svalutazione crediti al 31 dicembre 2018 | € 4.800,00 |
Quota di accantonamento massima deducibile | € 200,00 |
Se la quota di accantonamento civilistica supera 200 euro la differenza concorrerà alla formazione del reddito come variazione in aumento.
Trattamento ai fini Irap
Le perdite e le svalutazioni dei crediti sono indeducibili ai fini Irap a prescindere dal metodo utilizzato per determinare la base imponibile, ovvero a valori di bilancio (articolo 5, D.Lgs. 446/1997) o a valori fiscali (articolo 5-bis, D.Lgs. 446/1997).
A tale proposito si precisa che le perdite su crediti indeducibili ai fini IRAP sono soltanto quelle che si verificano quando il credito, già determinato nell’importo, è stato successivamente scontato o ridotto, ad esempio perché non incassato. Non sono invece qualificabili come tali gli eventuali minori introiti che, nelle ipotesi in cui discendono dalla determinazione del credito, sono il risultato “di una definizione pattizia nella quale, pur eventualmente risultando il credito così definito inferiore a quanto unilateralmente preventivato dal creditore, è da escludere qualsivoglia connotato abdicativo”.
Pertanto, tali oneri restano deducibili ai fini del tributo regionale come sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11217 di ieri, 20 maggio 2011.
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Circolare Agenzia delle Entrate 14/E/2014 Le perdite e svalutazioni su crediti – La nuova disciplina ai fini IRES e IRAP introdotta dall’articolo 1, commi 158 -161, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) e ulteriori chiarimenti sulla deducibilità delle perdite su crediti di modesto importo