Le erogazioni di somme effettuate dai soci alla società partecipata possono «avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni)».
La qualificazione di queste erogazioni nell’uno o nell’altro senso dipende dalla volontà negoziale. La prova, che grava sul socio che agisce per ottenere la restituzione, «deve trarsi dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi».
Nel caso di specie, il socio che aveva effettuato il versamento, aveva poi ceduto la propria quota di partecipazione al capitale sociale e nel relativo atto di cessione, era stata pattuita una clausola secondo la quale la cessione includeva «ogni diritto, azione e ragione spettante al socio cedente nei confronti della società ceduta».
Se era dunque intenzione del socio che il finanziamento effettuato a favore della società, fosse restituito e che quindi non fosse un apporto di patrimonio, si sarebbe dovuto porre il problema di stabilire le modalità di restituzione del finanziamento.
Sul punto la cassazione la Cassazione (sentenza 16049/2015) ritiene che, se il socio finanziatore cede la propria quota di partecipazione al capitale sociale, egli resta titolare del credito alla restituzione del finanziamento: nel silenzio del contratto di cessione della quota, il credito non si intende ceduto anch’esso.
Cassazione Civile Ord. Sez. 3 Num. 20978 Anno 2018
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: D’ARRIGO COSIMO
Data pubblicazione: 23/08/2018
Fonte: ilsole24ore