La consulenza aziendale e tributaria, svolta senza alcuna abilitazione, costituisce “esercizio abusivo della professione di commercialista”.
I giudici della cassazione, con la sentenza n. 33464 del 10/05/2018, hanno precisato che l’abuso scatta in presenza di una pluralità di atti che, pur non riservati in esclusiva alla competenza specifica di una professione, «nel loro continuo coordinato ed oneroso riproporsi ingenerano una situazione di appartenenza evocativa dell’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato, con conseguente affidamento incolpevole della clientela» (Sez. U, n. 11545 del 15/12/2011, dep. 2012, Cani, Rv. 251819).
A nulla rilevando la tesi difensiva dell’imputato che aveva informato i propri clienti di essere privo di un’abilitazione professionale e di agire per esperienza, maturata negli anni.
Affermano, inoltre, i giudici della cassazione che la Corte territoriale ha correttamente ricondotto le attività ascritte all’imputato, di tenuta della contabilità delle imprese ed in materia del lavoro, a quelle riservate dal d.lgs. n. 139 del 2005, contenente la «Costituzione dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell’art. 2 della L. 24 febbraio 2005, n. 34 ai dottori commercialisti» e dalla legge n. 12 del 1979, contenente le «Norme per l’ordinamento della professione di consulente del lavoro».