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Risponde di estorsione e autoriciclaggio l’imprenditore che non paga i dipendenti

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Risponde di estorsione e autoriciclaggio l’imprenditore che costringe i dipendenti ad accettare buste paga più magre di quelle formalmente concordate e a lavorare per un orario superiore a quanto contrattualmente previsto.

A rispondere di autoriciclaggio, sulla base del decreto 231 del 2001, è anche la società per l’avvenuto impiego nell’attività imprenditoriale del denaro frutto dell’estorsione continuata, in maniera tale da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delle somme.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione Penale n.25979/2018 del 04/05/2018.

Il rastrellamento di liquidità attraverso l’attività di estorsione ai danni dei lavoratori, concretizzata tra l’altro nel mancato versamento delle quattordicesime, degli anticipi versati solo formalmente, del corrispettivo dei permessi non goduti, era poi servito a pagare provvigioni o altri benefit aziendali in nero a favore dei venditori della società. In questo modo, fondi illeciti venivano reimmessi nel circuito aziendale, con un’azione elusiva dell’identificazione della provenienza illegale della provvista.

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