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Quali soggetti possono usufruire della detrazione del 50% per le spese di recupero del patrimonio edilizio

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Vediamo quali sono i soggetti che possono usufruire della detrazione per le spese di recupero del patrimonio edilizio.

Ai sensi dell’articolo 16-bis del Tuir, possono usufruire della detrazione per le spese di recupero del patrimonio edilizio, tutti i soggetti passivi Irpef residenti o meno nel territorio dello Stato, che possiedono o detengono l’immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi di recupero.

I soggetti ammessi ad usufruire della detrazione in oggetto sono:

  • il titolare del diritto di proprietà (proprietario o nudo proprietario);
  • il titolare di un diritto reale sull’immobile oggetto dell’intervento, quale l’usufrutto, l’uso, l’abitazione o la superficie;
  • l’inquilino;
  • il comodatario;
  • il socio di cooperative a proprietà indivisa, assegnatario dell’alloggio;
  • il socio di cooperative a proprietà divisa, assegnatario dell’alloggio, anche se non ancora titolare di mutuo individuale;
  • l’imprenditore individuale, purchè l’immobile oggetto dell’intervento non sia strumentale all’esercizio d’impresa e non sia un immobile merce;
  • i soggetti indicati nell’articolo 5 del Tuir, che producono redditi in forma associata (società semplici, società in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi equiparati, imprese familiari) alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali.

In caso di lavori effettuati dal detentore dell’immobile (inquilino o comodatario) viene richiesta una dichia­razione di consenso del possessore all’esecuzione dei lavori.

La detrazione spetta, oltre che al pieno proprietario, anche al promissario acquirente nel caso in cui sia stato stipulato un preliminare di vendita (compromesso) e:

  • sia stato immesso nel possesso dell’immobile;
  • esegua a sue spese gli interventi di recupero;
  • il compromesso di vendita sia stato registrato.

Il Familiare

Come precisato nella C.M. n.121/E/1998 la detrazione compete anche al familiare del possessore o detentore dell’immobile sul quale vengono effettuati i lavori, purché sia convivente e sostenga le spese e siano a lui intestati bonifici e fatture. In questo caso, ferme restando le altre condizioni, la detrazione spetta anche se le abilitazioni comunali sono intestate al proprietario dell’immobile e non al familiare che usufruisce della detrazione.

È stato in proposito precisato che:

  • per “familiari“, si intendono, a norma dell’articolo 5, comma 5, del Tuir, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado;
  • il titolo che attesta la disponibilità dell’immobile, requisito richiesto per fruire della detrazione, è costituito dalla condizione di familiare convivente e, pertanto, non è richiesta l’esistenza di un sottostante contratto di comodato;
  • la convivenza deve sussistere fin dal momento in cui iniziano i lavori (risoluzione n. 184/E/2002 e circolare n. 15/E/2005).

Sulla base della prassi riportata, dunque, il convivente che non sia familiare del titolare dell’immobile, nei termini sopra indicati, e che sostenga le spese per gli interventi in questione potrebbe beneficare della detrazione di cui all’articolo 16-bis del Tuir soltanto se risultasse detentore dell’immobile in base ad un contratto di comodato.

Il convivente

Tale ultima interpretazione è stata modificata nella recente risoluzione n. 64/E/2016 nella quale è stato chiarito che anche il convivente more uxorio (1) che sostiene le spese di recupero del patrimonio edilizio, nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 16-bis del Tuir, può fruire della detrazione al pari del familiare convivente, anche quindi in assenza di un contratto di comodato; ciò a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 76/2016 recante la “Regolamentazione delle unioni civili tra le persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze” che ha radicalmente mutato il quadro normativo di riferimento.

Tale Legge ha equiparato, salvo alcune eccezioni, al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello prodotto dalle unioni civili; analoga equiparazione non è invece stata disposta per le convivenze di fatto, costituite tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.

Ai conviventi di fatto sono stati tuttavia riconosciuti alcuni specifici diritti spettanti ai coniugi (quale, tra gli altri, il diritto di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali in ambito sanitario) oltre che il riconoscimento al convivente superstite del diritto di abitazione, per un periodo determinato, nonché la successione nel contratto di locazione della casa di comune residenza in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto. Da tali disposizioni si evince che la citata Legge, pur non avendo equiparato le convivenze di fatto alle unioni basate sul matrimonio ha attribuito una specifica rilevanza giuridica a tale formazione sociale e, in questo contesto, ha evidenziato l’esistenza di un legame concreto tra il convivente e l’immobile destinato a dimora comune.

Sulla base di tali considerazioni la risoluzione n. 64/E/2016 ha chiarito che la disponibilità dell’immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza senza necessità che trovi titolo in un contratto di comodato. Quindi il convivente more uxorio che sostiene le spese di recupero del patrimonio edilizio, nel rispetto delle condizioni previste dal richiamato articolo 16-bis, può, dunque, fruire della detrazione alla stregua di quanto chiarito per i familiari conviventi per le spese sostenute per interventi effettuati su una delle abitazioni nelle quali si esplica il rapporto di convivenza anche se diversa dall’abitazione principale della coppia.

Fonte:ecnews

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(1) La convivenza more uxorio è una coabitazione caratterizzata da legami affettivi fra i partners e da una stabile organizzazione comune.

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