Il contratto di affitto d’azienda è disciplinato dall’art. 2562 cod. civ.(1) che richiama l’articolo 2561 cod. civ. (usufrutto d’azienda).
L’affitto d’azienda è un contratto con cui il concedente (proprietario del bene) attribuisce l’intera gestione dell’azienda di cui è proprietario, a un soggetto terzo (affittuario), che si obbliga a gestirla “senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte” (Antonio Gigliotti).
Profili civili
Forma
Per il contratto di affitto di azienda è richiesta la forma scritta ad probationem (soli fini probatori e non ai fini della validità dell’accordo tra le parti) salvo che lo stesso non contenga beni immobili o mobili registrati, per i quali la legge prescrive la forma scritta ad substantiam.
Registrazione
I contratti devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di 30 giorni, a cura del notaio rogante o autenticante, per cui se, da un lato, è vero che la legge non impone una particolare forma per la validità del trasferimento dell’azienda (salvo il caso in cui una forma particolare sia richiesta dalla natura dei beni trasferiti o dal tipo di contratto da cui origina il trasferimento); dall’altro, è altrettanto vero che, in base alla norma (co. 2 dell’art. 2556 c.c.), gli atti di cessione/affitto d’azienda, relativi a imprese soggette a registrazione presso il Registro delle imprese, devono:
- essere a loro volta iscritti presso il suddetto Registro;
- a tal fine, essere redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, con deposito per l’iscrizione, nel termine di 30 giorni, a cura del notaio autenticante o rogante (utilizzando il modello TA).
Ecco quindi che, seppure non richiesta “ad substantiam”, la veste dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata viene ad essere di fatto un requisito formale ineludibile per la circolazione di un complesso aziendale.
Subentro nei contratti
La disciplina legale configura il subingresso del cessionario/affittuario in tutti i contratti stipulati dal cedente/affittante per l’esercizio dell’azienda ceduta/affittata, che rientrino nel campo di applicazione dell’art. 2558 c.c., come un effetto “automatico” (o “naturale”), ancorché non necessario, della cessione/affitto d’azienda:
- automatico, in quanto si verifica “ipso iure”, per il solo fatto della cessione/affitto del complesso aziendale, ed è efficace, nel momento in cui si realizza il trasferimento, non solo “inter partes”, ma anche nei confronti del terzo contraente ceduto:
- senza che sia necessaria un’espressa pattuizione tra alienante/affittante ed acquirente/affittuario dell’azienda;
- a prescindere dalla conoscenza che il cessionario/affittuario abbia, o possa avere, dell’esistenza e del contenuto dei singoli rapporti che gli vengono trasferiti;
- senza che il contraente ceduto debba accettare la cessione o sia necessario dargliene comunicazione, essendo la comunicazione prevista dal co. 2 dell’art. 2558 c.c. finalizzata solo a far decorrere il termine di 3 mesi entro il quale è consentito al terzo di recedere dal contratto;
- non necessario, in quanto, attraverso un’esplicita previsione contrattuale, la successione nei contratti (in tutti o alcuni) può essere pattiziamente esclusa dalle parti, senza che ciò impedisca di parlare di trasferimento/affitto d’azienda.
“Ratio” della norma
In mancanza di pattuizioni contrarie, l’art. 2558 c.c. attua una “generale” sostituzione del cessionario/affittuario dell’azienda nella posizione contrattuale dell’imprenditore cedente/affittante.
Tale norma persegue il duplice fine di:
- conservare integro il complesso aziendale ceduto/affittato, attraverso il trasferimento dello stesso “nella sua unitarietà e globalità di beni e rapporti giuridici”;
- garantire l’adempimento dei contratti inerenti all’esercizio dell’azienda.
Il trasferimento in blocco di tutti i rapporti contrattuali esistenti al momento della cessione/affitto (eccettuati quelli espressamente esclusi) mira ad assicurare, infatti, che l’azienda non venga menomata, in conseguenza del trasferimento, né nella sua organizzazione, né nel suo avviamento.
La norma, nel contempo, tutela anche:
- da un lato, l’interesse dell’acquirente/affittuario ad acquistare un complesso idoneo all’esercizio dell’attività d’impresa che egli intende svolgere;
- dall’altro lato, l’interesse del cedente/affittante a liberarsi da obblighi contrattuali che non è più in grado di adempiere, non disponendo più del complesso aziendale.
Deroghe per specifiche tipologie contrattuali
Alla disciplina “generale” in materia di successione nei contratti recata dall’art. 2558 c.c. si affiancano alcune norme “speciali”, che regolamentano la medesima fattispecie con riferimento a specifiche tipologie contrattuali.
Tra di esse, si segnalano:
- i contratti di locazione aventi per oggetto immobili commerciali (art. 36 della L. 27.7.78 n. 392);
- i contratti di lavoro dipendente (art. 2112 c.c. );
- i contratti di consorzio (art. 2610 c.c. );
- i contratti di edizione (art. 132 della L. 22.4.41 n. 633).
Contratti di locazione di immobili commerciali
L’art. 36 della L. 392/78 stabilisce che:
- il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
- il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione;
- nel caso della cessione, il locatore, ove non abbia liberato il cedente dell’azienda, può pretendere l’adempimento degli obblighi contrattuali non adempiuti dal cessionario rivolgendosi direttamente al cedente.
Contratti di lavoro dipendente – Rinvio
Per quanto concerne la disciplina del subentro del cessionario d’azienda nei contratti di lavoro dipendente, la norma di riferimento è costituita dall’art. 2112 c.c. che al co. 1, stabilisce che, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
In breve, l’art. 2112 c.c. dispone che il contratto di lavoro sopravviva intatto alla cessione/affitto d’azienda, senza possibilità di patto contrario.
Crediti e debiti
Per quanto concerne il passaggio dei crediti e dei debiti, gli artt. 2559 c.c. e 2560 c.c. non prevedono una disciplina specifica per la fattispecie dell’affitto di azienda.
Crediti dell’azienda in caso di affitto
Nel caso in cui le parti pattuiscano che, con il godimento dell’azienda, vengano altresì ceduti i crediti dell’affittante, si dovrà applicare la disciplina prevista all’art. 1264 c.c., che prevede che la cessione dei crediti abbia effetto nei confronti del debitore ceduto solo nel caso in cui questi l’abbia accettata o notificata, e non, invece, la disciplina prevista dall’art. 2559 c.c.
Debiti relativi all’azienda in caso di affitto
In assenza di un espresso richiamo normativo alle ipotesi di affitto (e di usufrutto), la disciplina prevista dall’art. 2560 co. 2 c.c. (secondo cui il cedente non è liberato dai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta, se non risulta il consenso del creditore, e l’acquirente è responsabile in solido per i debiti risultanti dai libri contabili) non è applicabile in caso di affitto di azienda.
Pertanto, per i debiti delle aziende affittate anteriori alla stipula del contratto di affitto sembrerebbe rispondere, salvo diverso accordo tra le parti, solo il concedente e non l’affittuario.
Analogamente, la cessazione dell’affitto e la restituzione dell’azienda al proprietario-concedente non comportano a carico di quest’ultimo, fuori delle ipotesi diversamente regolate dalla legge, la responsabilità ex art. 2560 c.c. per i debiti contratti dall’affittuario, “non essendo siffatta ipotesi riconducibile ad alcuna delle vicende traslative in relazione alle quali la norma è stata posta”.
Profili fiscali: imposte indirette
Imprenditore che affitta l’unica azienda posseduta
Nel caso in cui l’imprenditore individuale affitta la sua unica azienda perde temporaneamente lo status di soggetto passivo ai fini Iva, riacquistandolo solo al termine del contratto di affitto. L’operazione è fuori dal campo di applicazione dell’Iva, scontando invece l’imposta di registro proporzionale (principio di alternatività tra Iva e imposta di registro, l’operazione sconta l’imposta di registro proporzionale. Più precisamente, in mancanza di specifiche previsioni, ed in ossequio agli artt. 9 e 23 D.P.R. 131/1986, troverà applicazione l’aliquota del 2% per la componente immobiliare e del 3% per gli altri beni, se il contratto prevede canoni separati. Laddove, invece, il canone previsto dal contratto fosse unico per gli immobili e tutti gli altri beni, trova applicazione l’aliquota del 3%. L’imposta di registro è dovuta una sola volta per tutta la durata del contratto.
Spese di Manutenzione
Riguardo alle spese di manutenzione il contratto di affitto, nel rispetto delle previsioni codicistiche, prevede che le spese di manutenzione ordinaria siano a carico dell’affittuario, mentre quelle di manutenzione straordinaria a carico del concedente.
Sul punto ci si chiede se tali spese debbano o meno rispettare il limite del 5% del valore dei beni ammortizzabili, o, trattandosi di beni di terzi, non sono previsti limiti di deducibilità. Prudenza impone di rispettare il limite del 5%, ma se l’ammortamento è riservato al concedente le spese di manutenzione sono pienamente deducibili, trovando applicazione le norme in tema di manutenzione di beni di terzi.
Le spese sostenute dall’affittuario
Ai sensi dell’art. 71, comma 2, Tuir, i redditi dell’imprenditore che affitta la sua unica azienda “sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione”.
Rientrano tra le “spese specificamente inerenti alla loro produzione”:
- quelle afferenti la stipula del contratto di affitto (parcella del notaio e degli altri professionisti che hanno seguito l’operazione);
- quelle che il contratto stesso pone a carico del concedente (si pensi al caso in cui, in deroga all’art. 2561 cod. civ., le spese di manutenzioni e riparazione siano poste a carico del concedente).
Anche con riferimento alle spese, come per i ricavi, trova applicazione il principio di cassa.
Società o imprenditore che affitta un ramo d’azienda o una fra più aziende possedute
Nel caso in cui ad affittare sia una società o un imprenditore che affitta un ramo di azienda (e quindi non l’intera e unica azienda) l’operazione è rilevante ai fini Iva e trova applicazione l’aliquota ordinaria del 22%, pertanto trova applicazione l’imposta di registro in misura fissa (pari ad euro 200).
Una specifica deroga trova applicazione se:
- il valore complessivo dell’azienda affittata è costituito, per più del 50% dal valore normale dei fabbricati,
- e, contestualmente, le imposte per la locazione dei fabbricati che compongono l’azienda siano più onerose di quelle dovute per l’intero affitto dell’azienda.
In questo caso, infatti, deve essere applicata l’imposta di registro in misura proporzionale, pari all’1%, anche se l’operazione è soggetta ad Iva.
FAC SIMILE DI CONTRATTO DI AFFITTO DI AZIENDA
(1) Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche nel caso di affitto dell’azienda