Il legislatore (ma non l’Agenzia delle Entrate) da diverso tempo persegue l’obiettivo di ridurre le liti tributarie, regione per la quale ha introdotto una serie di istituti deflattivi che, nel corso del tempo, hanno subìto diverse modificazioni.
Com’è noto il procedimento tributario si articola quattro principali momenti, in ognuna dei quali è previsto un diverso istituto deflattivo:
- la fase di controllo fiscale,
- la redazione del processo verbale di constatazione,
- l’emanazione dell’avviso di accertamento ed, infine,
- l’eventuale proposizione del ricorso da parte del contribuente.
Una volta emanato l’atto impositivo il contribuente potrà definire la propria posizione tramite l’autotutela, l’acquiescenza, l’accertamento con adesione e quella della definizione agevolata delle sanzioni. A tali istituti, si aggiungono il reclamo (mediazione) e la conciliazione (giudiziale ed extragiudiziale) che consentono di evitare o concludere il giudizio definendo la pretesa tributaria tramite accordo con l’Amministrazione finanziaria.
L’opportunità di avvalersi di uno strumento piuttosto che un altro varia in base alla specifica fattispecie, ma solo tramite l’accertamento con adesione, il reclamo e la conciliazione il contribuente può effettuare la rideterminazione del tributo attraverso l’instaurazione del contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria.
Se il contribuente ritiene corretta la pretesa erariale può rinunciare ad esperire azioni giudiziali ottenendo comunque la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative. Diversamente, l’autotutela rappresenta il tipico potere della Pubblica Amministrazione di rettificare o annullare l’atto impositivo in ottemperanza ai principi di imparzialità e buon andamento di cui all’articolo 97 della Costituzione.
Naturalmente, qualora sia il contribuente ad accorgersi che la pretesa dell’Amministrazione finanziaria contenga un errore lo stesso può richiedere la correzione o l’annullamento dell’atto presentando domanda in autotutela in cui sia esposta la sintetica narrazione dei fatti corredata da documentazione atta a dimostrare l’illegittimità dell’avviso di accertamento.
Diversamente, tramite l’accertamento con adesione il contribuente, nei cui confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche, può presentare apposita istanza chiedendo all’Ufficio la formulazione di una proposta di accertamento ai fini dell’eventuale definizione.
Al fine di garantire il contraddittorio diretto al raggiungimento di un accordo, la presentazione dell’istanza sospende per un periodo di novanta giorni il termine per la proposizione del ricorso. Il contribuente può avvalersi dell’ausilio di un professionista durante tale procedura che termina con la redazione dell’atto di accertamento con adesione in duplice copia, sottoscritto dal contribuente e dal capo dell’ufficio o da un suo delegato.
L’articolo 7 del D.Lgs. 218/1997 prevede espressamente che nel corpo dell’atto devono essere “indicati, separatamente per ciascun tributo, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonché la liquidazione delle maggiori imposte, delle sanzioni e delle altre somme eventualmente dovute” che, per il perfezionamento della procedura, dovranno essere versate in unica soluzione, ovvero in forma rateale (massimo 8 o 16 rate trimestrali, a seconda se la pretesa superi o meno i 50.000 Euro), entro il termine di venti giorni dalla data di redazione dell’atto.
Tra i principali vantaggi dell’accertamento con adesione rientra certamente la possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni a 1/3 del minimo edittale.
Con il D.Lgs. 159/2015 è stato recentemente riformato l’istituto del reclamo/mediazione divenuto obbligatorio per tutte le vertenze di valore non superiore ai 20.000 Euro. Nello specifico, il ricorso proposto dal contribuente produce automaticamente gli effetti del reclamo e non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica dell’atto, termine entro il quale deve concludersi la procedura amministrativa. In caso di buon esito della procedura, l’articolo 17-bis, comma 7, D.Lgs. 546/1992 prevede che “le sanzioni amministrative si applicano nella misura del trentacinque per cento del minimo previsto dalla legge”.
In ultimo, tramite l’istituto della conciliazione (anch’essa oggetto di revisione da parte del D.Lgs. 159/2015) che può essere giudiziale o extragiudiziale il contribuente può beneficiare di una riduzione delle sanzioni amministrative che saranno dovute nella misura del 40% del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del 50% del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio.