È onere del contribuente che esercita attività d’impresa, normativamente obbligata, munirsi di un indirizzo PEC e ad assicurarsi del suo corretto funzionamento, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte, senza che eventuali problematiche possano integrare alcun sospetto di illegittimità costituzionale della relativa disciplina.
Questo è quanto ha sostenuto la Cassazione con la sentenza n.13917 del 07 luglio 2016.
“In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dall’art. 15, comma 3, l.fall. (nel testo successivo alle modifiche apportate dall’art. 17 del d.l. n. 179 del 2012, convertito nella l. n. 221 del 2012) occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell’avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente“
Attenzione, dunque, al corretto utilizzo dell’indirizzo di PEC (Posta Elettronica Certificata) il cui incurante utilizzo (mancato controllo, mancata lettura, spam, ecc..) può causare, in alcuni casi, conseguenze irrimediabili.