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La tassazione dell’auto dell’amministratore tra lavoro dipendente e lavoro autonomo

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Con il presente lavoro affronteremo il differente trattamento fiscale della concessione d’uso dell’auto aziendale, ovvero quando la stessa è utilizzata per fini esclusivamente aziendali, esclusivamente personali o ad uso promiscuo.

La concessione in uso dell’auto aziendale

Come è noto, l’auto aziendale può essere utilizzata per fini:

a. esclusivamente aziendali;

b. esclusivamente personali;

c. sia aziendali sia personali (uso promiscuo).

La terza categoria è quella più diffusa e si traduce nella possibilità riconosciuta ai dipendenti o collaboratori di società di utilizzare gratuitamente, anche per le proprie esigenze personali, autovetture, motocicli e ciclomotori aziendali. In tal caso si ha un fringe benefit che, come tale, costituisce una componente della retribuzione che concorre alla determinazione del reddito.

Il benefit presenta, poi, diverse complessità nel caso in cui il beneficiario sia un amministratore.

Infatti la qualificazione del benefit segue la produzione del reddito da parte di tale soggetto, in capo al quale possono rilevarsi tre categorie di reddito:

1. reddito di lavoro dipendente;

2. reddito assimilato al lavoro dipendente;

3. reddito di lavoro autonomo.

Ciò incide anche sulla deduzione del costo da parte dell’impresa concedente.

La concessione in uso dell’auto all’ amministratore dipendente

Il caso dell’amministratore dipendente è il più semplice dal momento che vi si applicano le regole previste per la concessione dell’autovettura aziendale in uso promiscuo al dipendente. Le disposizioni contenute nel TUIR individuano i veicoli aziendali per i quali l’uso privato da parte del dipendente costituisce un fringe benefit da tassare:

 le autovetture: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del conducente (lett. a);

 gli autoveicoli per trasporto promiscuo: veicoli aventi una massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 tonnellate o 4,5 tonnellate, se a trazione elettrica o a batteria, destinati al trasporto di persone e di cose e capaci di contenere al massimo nove posti compreso quello del conducente (lett. c);

 gli autocaravan: veicoli aventi una speciale carrozzeria ed attrezzati permanentemente per essere adibiti al trasporto e all’alloggio di sette persone al massimo, compreso il conducente (lett. m).

Data la difficoltà ad individuare in che misura l’auto aziendale sia impiegata per motivi personali e in che misura per motivi di servizio, nel TUIR si prevede una valorizzazione forfetaria, assumendo come base di calcolo per la tassazione il 30% del costo chilometrico di esercizio, corrispondente ad una percorrenza media convenzionale del veicolo di 15.000 chilometri, desumibile dalle tabelle nazionali elaborate ogni anno dall’ACI entro il 30 novembre e pubblicate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, tramite l’Agenzia delle Entrate, in Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre.

Laddove il datore di lavoro richiede al dipendente un contributo a fronte della possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo tali somme devono essere sottratte dal valore del veicolo determinato forfetariamente.

L’assimilazione del caso dell’amministratore dipendente al lavoratore dipendente è affrontata espressamente nella circolare 1/E del 19 gennaio 2007, in cui viene spiegato che i redditi percepiti in relazione alla qualifica di amministratore sono attratti nel reddito di lavoro dipendente quando:

1. un dipendente rivesta, per lo stesso periodo, anche la carica di amministratore,

2. l’ufficio rientri nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente. In tal caso, dato che tutte le somme e i valori percepiti saranno qualificati e determinati come redditi di lavoro dipendente, “…anche ai fini della deduzione dei costi dei veicoli da parte dell’impresa, trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 164 del Tuir…”.

Per quanto concerne la deducibilità del costo del benefit riconosciuto all’amministratore dipendente, bisogna fare riferimento alle ordinarie regole di deducibilità dal reddito di impresa. Nello specifico si ricorda che sono deducibili, ancorchè parzialmente:

1. i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta. Si considera dato in uso promiscuo al dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta il veicolo concesso in uso promiscuo per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta del datore di lavoro (o, se inferiore, del periodo di possesso del singolo veicolo). In tali casi il costo d’acquisto del veicolo è deducibile nella misura del 70% del suo ammontare senza alcun tetto massimo di spesa. Sono deducibili nella stessa misura del 70%, senza alcun tetto massimo di spesa, anche gli altri ordinari costi di gestione legati all’uso del veicolo tra i quali, a titolo esemplificativo, carburante e lubrificante, spese di manutenzione e riparazione, tassa di proprietà, assicurazione, spese di pedaggio autostradale, cambio gomme, ricambi, accessori

2. i veicoli non assegnati, cioè le auto aziendali a disposizione della generalità dei dipendenti, per i quali il costo d’acquisto è deducibile nella misura del 20%.

L’auto aziendale assegnata all’amministratore dipendente rientra nella prima categoria.

Ai fini della deduzione è necessario che l’utilizzo promiscuo:

a. sia provato in base a certa e idonea documentazione (ad esempio, da una specifica clausola contrattuale);

b. si verifichi per la maggior parte del periodo d’imposta, ovvero alla metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta del datore di lavoro. In tal caso il conteggio dei giorni deve essere:

 operato con riferimento esclusivo all’autovettura e prescinde sia dal soggetto che la utilizza sia dal periodo in cui viene utilizzata. Ne deriva che non è necessario un utilizzo continuativo e da parte dello stesso soggetto.

 riferito alla data di acquisto dell’autovettura. In altri termini, nel caso di beni acquistati o ceduti nel corso del periodo d’imposta, dovrà aversi riguardo alla maggior parte del periodo di possesso del bene.

Con riferimento alla detraibilità dell’iva in capo all’impresa, l’imposta è integralmente deducibile nelle seguenti diverse ipotesi:

1. il veicolo è utilizzato esclusivamente nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, circostanza che ricorre in ogni caso nell’ipotesi di messa a disposizione al dipendente;

2. il veicolo forma oggetto dell’attività dell’impresa (sono tali, ad esempio, i veicoli acquistati da un rivenditore, ovvero quelli acquistati dalle società di noleggio);

3. il veicolo è utilizzato da un agente o rappresentante di commercio. L’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 6/DPF/2008, ha precisato che rientrano nella prima categoria (utilizzo esclusivo nell’esercizio dell’impresa) anche i veicoli stradali a motore acquistati dal datore di lavoro o acquisiti anche in base a contratti di noleggio o locazione, anche finanziaria, e successivamente messi a disposizione del personale dipendente a fronte di uno specifico corrispettivo.

La messa a disposizione dietro corrispettivo è un’operazione imponibile ai fini Iva e di conseguenza, il contribuente dovrà effettuare una serie di operazioni volte a recuperare l’Iva sull’utilizzo non aziendale del veicolo. Il corrispettivo (assoggettato ad Iva) deve essere, a tal fine, effettivo, e non meramente simbolico, e deve corrispondere all’uso privato del veicolo aziendale. Ai fini della determinazione del corrispettivo, va segnalato che la base imponibile della prestazione consistente nella messa a disposizione di veicoli stradali a motore effettuata dal datore di lavoro nei confronti del proprio personale dipendente va individuata nel valore normale dei servizi resi, se è previsto un corrispettivo inferiore a tale valore. A tal fine si assume, quale valore normale, il valore determinato ai fini delle imposte sul reddito per stabilire l’ammontare dei fringe benefit soggetti a tassazione. Dunque si fa riferimento alla modalità di calcolo basata sul chilometraggio di cui alle tabelle ACI considerando il 30% della percorrenza convenzionale di 15.000 Km annui, al netto dell’Iva nella stessa inclusa.

La determinazione convenzionale del fringe benefit, peraltro può presentare diverse complessità operative in presenza di alcuni casi specifici:

1. può darsi il caso che l’autovettura non sia censita nelle tabelle pubblicate dall’Aci. In tal caso la determinazione del benefit deve essere operata con riferimento al valore previsto per la tipologia di veicolo che risulta più simile a quello dato in uso;

2. dato che il metodo di calcolo individuato dalla norma è su base forfetaria e la presunzione relativa al totale costo di percorrenza risultante dalle tabelle Aci è assoluta, non può operarsi alcuna riduzione del benefit che sia legata all’effettivo utilizzo del mezzo. Allo stesso modo trattandosi di forfetizzazione, non è neppure consentito scorporare i costi che lo compongono;

3. diverso dal caso precedente è quello in cui la società riaddebita il costo del benefit all’amministratore in ragione dell’utilizzo privato dell’autovettura. In tal caso infatti, il benefit va nettizzato dell’importo addebitato all’utilizzatore;

Esempio
Alfa spa assegna all’amministratore dipendente Mario Rossi un’auto aziendale che ha un valore annuo di € 10.000. Al sig. Rossi viene richiesto da Alfa un corrispettivo annuo di € 4.800 (comprensivo dell’Iva) Il sig. Rossi sconterà le imposte su un reddito in natura pari a € 5.200 = (€ 10.000 – € 4.800). Se il corrispettivo pagato dal sig. Rossi è uguale (10.000) o superiore (10.200) al valore del fringe benefit, il reddito in natura risulterà azzerato.

4. operando il metodo di calcolo di cui all’art. 51 citato su base annuale ed essendo riferito all’intero esercizio, nel caso in cui l’amministratore abbia la disponibilità per un numero di giorni inferiore all’anno solare, bisogna operare il ragguaglio del costo relativo ai 15.000 km a tale minor periodo; 5. l’eventuale concessione di servizi accessori, quali l’utilizzo di un box devono essere valutati separatamente al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo all’amministratore stesso.

La concessione in uso dell’auto all’amministratore collaboratore

Per l’amministratore che produce reddito assimilato a lavoro dipendente, le regole sono parzialmente differenti. Ciò dipende dal fatto che si tratta di redditi di non facile classificazione in quanto prodotti da un’attività che presenta caratteristiche sia del lavoro autonomo (ad esempio: l’assenza di subordinazione) sia del lavoro subordinato (ad esempio: l’assenza di mezzi propri).

Dunque, anche se la norma prevede l’equiparazione di tali reddito a quelli di lavoro subordinato, tale equiparazione è soggetta ad alcuni distinguo. A tal proposito, nella circolare n. 5/E del 2001 è stato esplicitamente chiarito le regole relative all’auto concessa all’amministratore collaboratore seguono solo parzialmente quelle relative all’auto concessa al dipendente.

Scendendo nel dettaglio:

1. le modalità di determinazione del fringe benefit in capo agli amministratori, considerata l’assimilazione ai lavoratori dipendenti, seguono le regole convenzionali. Per quanto riguarda, quindi l’amministratore, l’assegnazione dell’auto aziendale in uso promiscuo determina l’insorgere di un compenso in natura. Come si è visto, secondo quanto disposto dall’art. 51, comma 5 TUIR, ai fini della determinazione del benefit, bisogna fare riferimento costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle pubblicate annualmente dall’Automobile Club d’Italia. Tale costo viene assunto per determinare l’importo relativo ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri. Infine, il 30% dell’importo predetto, nettizzato delle somme trattenute (e dunque anche riaddebitate) all’amministratore o da questo corrisposte in cambio della possibilità di utilizzare, anche per fini personali, l’automezzo aziendale, viene assunto come base imponibile;

2. la deduzione del costo del veicolo da parte della società concedente segue le seguenti regole:

a. l’importo su cui l’amministratore paga le imposte è deducibile per l’impresa fino a concorrenza delle spese dalla stessa sostenute;

b. l’eccedenza delle spese è parzialmente indeducibile (consentita la deduzione del 20%);

c. in caso di spese di importo inferiore rispetto al benefit, vale comunque il tetto derivante dai costi sostenuti.

Tali previsioni vanno integrate con quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2016 che ha introdotto la possibilità di dedurre un’ulteriore quota del 40% del costo dell’autovettura, maggiorando nel caso delle autovetture ad uso promiscuo i limiti assoluti previsti dall’art. 164, D.P.R. 917/1986. In merito a quest’ultimo punto, il limite massimo del costo d’acquisto che il Fisco riconosce è stato, per effetto delle norme in commento, elevato a 25.306.39 euro, anziché 18.075,99 euro, per le autovetture e gli autocaravan. Questa particolarità consente il riconoscimento fiscale di maggiori quote di ammortamento:

Esempio
Alfa spa acquista un’auto aziendale il 1 gennaio 2016, ad un costo di 16.000 euro. Considerata la maggiorazione del 50%, il costo totale deducibile è pari a 22.400 euro (16.000 X 140%), che sarà interamente rilevante dal punto di vista fiscale, considerato l’innalzamento del limite di deducibilità a 25.306,39 euro (anziché 18.075,99 euro). Sul costo così maggiorato, sarà applicato il coefficiente di ammortamento del 25%, insieme alla percentuale di deducibilità del 20% prevista per le auto aziendali. Conseguentemente, la quota di ammortamento annuale deducibile è pari a 1.120 euro (22.400 X 25% X 20%). In sede di modello UNICO SC 2016, occorrerà effettuare una variazione in diminuzione pari a 320 euro (6.400 X 25% X 20%).
Esempio
Alfa spa concede al proprio amministratore un autoveicolo in uso promiscuo aziendale e personale: 1. il valore dell’auto è di € 50.000, aliquota di ammortamento 25%; 2. i costi di esercizio della vettura sono pari a € 5.000;
3. si rileva un compenso in natura in capo all’amministratore pari a € 3.000. Per la determinazione della frazione di costi deducibili, occorre innanzitutto determinare la quota di ammortamento (aliquota 25%) calcolata sul costo fiscalmente rilevante di € 25.306,39 euro e cioè € 6.327. A questo punto occorrerà confrontare € 11.327 (costi sostenuti pari a € 5.000 + quota di ammortamento calcolata sul valore fiscalmente rilevante pari a € 6.327) con il compenso in natura tassato in capo all’amministratore pari a € 3.000. L’eccedenza rispetto al fringe benefit, pari ad € 8.327, sarà deducibile nel limite del 20%.

Con riferimento al trattamento fiscale ai fini IVA, nel caso di concessione in uso all’amministratore-collaboratore, l’integrale detraibilità dovrebbe essere garantita in caso di congruo addebito operato sulla base del valore normale e non in misura forfetaria. Per completezza, però va segnalata una posizione della Direzione Regionale della Lombardia (n. 904-472/2014) che invece ha ritenuto che le regole sulla piena detrazione dell’Iva nei casi di utilizzo promiscuo dell’auto concessa in uso al dipendente, non sono in alcun modo estensibili al caso dell’amministratore. In tale caso, infatti, secondo tale pronuncia, bisognerebbe applicare le regole ordinarie previste dall’art. 19-bis1, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972 che prevedono la detrazione nella misura limitata del 40%.

La concessione in uso dell’auto all’ amministratore professionista

Infine, si può avere il caso dell’auto data in uso promiscuo all’amministratore titolare di propria partita Iva. Si tratta dei professionisti che rivestono la carica di amministratore e che fatturano alla società le prestazioni rese.

In tal caso, le regole relative alla detrazione dell’iva da parte dell’impresa e alla determinazione dei riaddebiti sono le stesse esposte con riferimento all’amministratore collaboratore.

Dunque si può sostenere l’integrale detraibilità dell’iva, da parte della società, a fronte di un riaddebito che, come si è visto, va operato in base al valore normale. Sul punto, però, va anche evidenziato come l’amministratore professionista, a fronte della fattura ricevuta dalla società, non possa recuperare l’iva addebitata, che è relativa ad un veicolo impiegato privatamente, dunque ad un acquisto non inerente.

Lo stesso discorso vale ai fini delle imposte dirette, dato che l’amministratore professionista non può dedurre il costo indicato in fattura dal proprio imponibile Irpef. Considerata, poi, la regola di cui all’art. 164, lett. b). D.P.R. 917/1986, che limita la deduzione delle spese del professionista in relazione ad un solo veicolo nell’ambito dell’esercizio della propria attività, sarà precluso all’amministratore professionista già assegnatario di un’auto aziendale, di dedurre i costi relativi ad un secondo veicolo.

elaboraonline studiorussogiuseppe

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