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Il trasferimento di sede di società all’estero e dall’estero

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ll trasferimento di sede all’estero di una società costituisce una operazione particolarmente complessa per le seguenti ragioni:

  1. in primo luogo il trasferimento all’estero non si risolve in un mero mutamento della sede legale ma determina anche un mutamento delle regole di funzionamento dell’ente;
  2. manca una legislazione positiva sul punto in quanto tale disciplina, coinvolgendo due Paesi, dovrebbe essere sovranazionale;
  3. in ambito comunitario l’operazione deve essere analizzata sotto il profilo dei principi di libertà di stabilimento di cui agli art. 49 e 54 del Trattato istitutivo della Comunità. Analizziamo quanto osservato nello studio del Notariato 283-2015/I circa le modalità operative del trasferimento di sede dall’estero all’Italia e viceversa.

L’art. 25 comma 1 della L. 218/1995 dispone che “le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione”, ossia la legge del Paese in cui la società è costituita diventa un tatuaggio indelebile del veicolo che non verrà meno in caso di trasferimento all’estero.

Questa tesi è tuttavia in contrasto con la teoria della sede che si rinviene in altri Paesi, che stabilisce che una società è regolata dalle norme del Paese ove ha sede e tale sede potrebbe ovviamente cambiare nel corso della vita della società.

In sostanza, la norma in esame codifica l’obbligo di effettuare un duplice riscontro tanto della legge dello Stato di provenienza, quanto di quella dello Stato di destinazione ed è necessario che l’operazione di trasferimento della sede sociale all’estero sia considerata valida da entrambi i predetti ordinamenti.

In relazione all’art. 25 citato si sono sviluppati due diversi orientamenti.

Secondo un primo orientamento, la società costituita in Italia deve rimanere assoggettata alla disciplina italiana. Trasferendosi la società non muterà la legge regolatrice ne verranno meno i rapporti giuridici. La conseguenza di tale orientamento e che la società dovrebbe continuare ad essere iscritta nel nostro Registro delle Imprese in Italia.

La giurisprudenza che ha sostenuto questa tesi è sintetizzata nella successiva tabella.

Tabella n. 1 – giurisprudenza favorevole alla teoria dell’incorporazione

  • Appello Torino 1 dicembre 1995
  • Tribunale Verona 5 dicembre 1996
  • Tribunale Udine 8 dicembre 1997
  • Tribunale Lecco 6 febbraio 2003
  • Tribunale Alessandria 19 agosto 1995

In particolare, il Tribunale di Verona ha sostenuto che «il trasferimento della sede sociale all’estero (nel caso di specie in Inghilterra) pure legittimo, non può determinare la perdita della nazionalità italiana e quindi venire meno degli obblighi e dei controlli previsti dall’ordinamento italiano sulla vita delle società di capitali.

La società deve pertanto rimanere iscritta nel competente registro delle imprese italiano e rimanere assoggettata, anche per il futuro, alla iscrizione, al deposito e alla pubblicità degli atti previsti dalla legge italiana». In altre occasioni la giurisprudenza ha, invece, ritenuto che il trasferimento della sede sociale all’estero implichi necessariamente, per il nostro ordinamento, il preventivo scioglimento dell’ente, con conseguente liquidazione dei rapporti giuridici pendenti seguito dalla successiva costituzione all’estero di una nuova società, regolata dall’ordinamento giuridico del Paese di destinazione.

Secondo questa interpretazione alternativa diviene più difficile tutelare il creditore in quanto questi dovrebbe interagire con un soggetto ed una legislazione estera.

L’orientamento prevalente in giurisprudenza è quello secondo cui il trasferimento della sede sociale all’estero implica l’assoggettamento della società all’ordinamento giuridico straniero, senza però che il mutamento della lex societatis possa determinare l’estinzione dell’ente italiano e la costituzione di un nuovo soggetto giuridico di diritto straniero.

Si veda la giurisprudenza citata nella successiva Tabella.

Tabella n. 2 – giurisprudenza favorevole al trasferimento all’estero in continuità giuridica

  • Cassazione, 28 settembre 2005 n. 18944
  • Tribunale Torino 10 gennaio 2007
  • Cassazione 19 marzo 2014 n. 6388
  • Cassazione 24 gennaio 2014 n. 1508
  • Cassazione 3 ottobre 2011 n. 20144

Va poi approfondito in che modo si possa realizzare questa continuità. Secondo il Tribunale Monza, 5 aprile 2002, il collegamento individuato dal comma 1 dell’art. 25 andrebbe inteso nel senso che la nuova sede determina una nuova costituzione della società e quindi l’assoggettamento alla legge straniera. Secondo una ulteriore interpretazione, il comma 1 va contemperato con il comma 3 secondo cui la teoria dell’incorporazione di cui al comma 1 viene mitigata dal successivo comma 3 nel senso che la legge originaria italiana viene meno se lo stato di destinazione non la ammette.

Questa impostazione appare in sostanza la più convincente per cui l’iter logico dovrebbe essere quello illustrato nella successiva Tabella.

Tabella n. 3 – Trasferimento dall’Italia all’estero
La società dovrebbe continuare ad essere regolata dalla legge italiana (art. 25 co. 1 L. 218/1995)
Tuttavia, il comma 3 prevede che il trasferimento deve avvenire in conformità alle regole del Paese di destinazione per cui si possono verificare le tre situazioni seguenti:
1. Il Paese estero non consente la continuità per cui la società si estingue;
2. Il Paese estero consente l’ingresso di società straniere in continuità dei rapporti giuridici ma impone l’adozione di un tipo sociale conforme al Paese di approdo (trasformazione internazionale o transfrontaliera);
3. Lo stato di approdo consente che le società siano regolate dalla legge dello Stato di provenienza (approccio molto liberale);

La “trasformazione internazionale” è ritenuta possibile anche da una massima dei Notai del Triveneto

E.B.1. – (LEGITTIMITÀ DEL TRASFERIMENTO IN ALTRO STATO DELL’UNIONE EUROPEA DELLA SEDE SOCIALE CON MUTAMENTO DELLA “LEX SOCIETATIS” – 1° pubbl. 9/12) Si ritiene ammissibile il trasferimento della sede legale di una società costituita in Italia in un altro Stato dell’Unione Europea con contemporaneo assoggettamento della società all’ordinamento giuridico straniero (c.d. mutamento della “lex societatis”) e, dunque, adozione di una forma societaria propria dell’ordinamento giuridico dello Stato membro in cui si è trasferita (c.d. “trasformazione internazionale”).

Il doppio rispetto della normativa del Paese di partenza e di quello di approdo emerge anche nella ipotesi inversa di trasferimento dall’estero all’Italia. In questo caso opera in prima battuta il primo periodo del comma 1 dell’art. 25 secondo cui vige la teoria dell’incorporazione ma lo stesso è subito mitigato nel secondo periodo dove, come abbiamo già avuto modo di illustrare, viene stabilito che se la sede dell’Amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale dell’attività, allora si applica in ogni caso la legge italiana. In sostanza, la legge dell’incorporazione trova un temperamento laddove la continuità dei rapporti giuridici è garantita tuttavia la legge applicabile è quella del Paese di approdo, ossia quella italiana.

I trasferimenti all’interno della UE

I trasferimenti nell’ambito della UE devono essere valutati anche sotto il profilo dei principi fondamentali sanciti dal trattato istitutivo dell’Unione Europea. Nel caso di specie i principi in discorso sono quelli di cui all’art. 49 e 54 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che si riportano nella successiva Tabella.

I trasferimenti nell’ambito della UE devono essere valutati anche sotto il profilo dei principi fondamentali sanciti dal trattato istitutivo dell’Unione Europea. Nel caso di specie i principi in discorso sono quelli di cui all’art. 49 e 54 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che si riportano nella successiva Tabella.
Art. 49 (ex art. 43) Le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali.
Art. 54 (ex art. 48) Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri. Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro.

Il percorso che ha portato a sancire la necessità di riconoscere a livello europeo il cambiamento di stato di una società è stato tortuoso ed il principio è stato sancito in modo inequivocabile per la prima volta con la sentenza Cartesio del 2008 dove sostanzialmente si affermala necessità di riconoscere la trasformazione internazionale. Pertanto, non si può imporre la teoria dell’incorporazione in quanto il Paese di approdo avrà il diritto di disciplinare la società neo arrivata secondo la propria legislazione. Il percorso evolutivo della Corte di Giustizia è sintetizzato nella successiva tabella n. 5.

Tabella n. 5 – Sentenze della Corte di Giustizia Europea
DAILY MAIL E GENERAL TRUST 27/9/88  Pur dandosi atto della sovranità degli Stati membri in materia di trasferimento della sede sociale all’estero, nonché della mancanza di una disciplina sovranazionale comune, si inizia a porre un dubbio sulla legittimità delle legislazioni nazionali che impediscono a società straniere di trasferire la sede nel loro territorio in regime di continuità dei rapporti giuridici.
CENTROS 9/3/99 il caso era quello di una società UK costituita con un capitale sociale di una sterlina che esercitava l’intera sua attività in Danimarca mediante una Stabile organizzazione. Ferma restando la possibilità di contrastare eventuali frodi, non si può negare la validità di una struttura come quella proposta
UBERSEERING 5/11/2002 Ammesso che le persone giuridiche esistano solo in forza di un ordinamento, dal punto di vista del diritto comunitario non si comprende perché quest’ordinamento debba essere necessariamente quello di originaria costituzione (ossia, in generale, l’ordinamento dello Stato di partenza) e non possa essere anche un ordinamento di successiva re-incorporazione (vale a dire l’ordinamento dello Stato di arrivo). Viene minata la validità assoluta della teoria dell’incorporazione.
INSPIRE ART 30/9/2003  Gli artt. 43 e 48 CE (adesso 49 e 54 TFUE) ostano ad una normativa nazionale che subordini l’esercizio della libertà di stabilimento, a titolo secondario, di una società costituita secondo la legislazione di un altro Stato membro a determinate condizioni (relative, ad esempio, alla responsabilità degli amministratori, o all’adozione di un capitale minimo).
CARTESIO 16/12/2008 E’ la sentenza della svolta. Non si può segnatamente giustificare che lo Stato membro di costituzione, imponendo lo scioglimento e la liquidazione di tale società, impedisca a quest’ultima di trasformarsi in una società di diritto nazionale dell’altro Stato membro nei limiti in cui detto diritto lo consenta. Viene sancito il principio della trasformazione internazionale.
VALE 12/7/2012  Ribadisce i principi della sentenza Cartesio. La libertà di stabilimento comunitaria obbliga le legislazioni nazionali a riconoscere la c.d. trasformazione “internazionale” o “transfrontaliera”, rendendo incompatibili con le norme comunitarie le disposizioni che impongono alla società che intenda trasferire la sede all’estero di estinguersi nel Paese d’origine per poi costituirsi ex novo nel Paese di destinazione.

Questi principi sono starti recepiti da molti Paesi comunitari, tuttavia la trasformazione internazionale non è ancora pacificamente accettata dalla generalità degli Stati. Lo Studio del Notariato segnala i casi della Germania e dell’Ungheria. In Germania, in particolare, la giurisprudenza risulta particolarmente oscillante. Sono comunque frequenti i casi in cui, forse per l’impreparazione dei consulenti esteri, questo tipo di operazione non pare ammessa e l’unica via percorribile sia quella della costituzione di una newco in Italia, seguita dalla fusione della società estera.

Questioni applicative

Lo studio del notariato fa il punto sulle modalità operative del trasferimento di sede dall’estero all’Italia e viceversa. Esaminiamo dapprima il caso di ingresso nel nostro ordinamento di una società estera. I problemi che si pongono sono i seguenti:

  • è necessaria l’iscrizione nel registro delle imprese?
  • si applica la disciplina estera o quella domestica?
  • è necessaria la perizia di stima?

In relazione al primo punto, si segnala come l’iscrizione nel Registro delle imprese rappresenti un adempimento imprescindibile(1).

Si applica l’art. 2508 c.c. relativo all’apertura in Italia di una sede secondaria(2).

E’ quindi necessario indicare cognome, nome, data e luogo di nascita delle persone che le rappresentano stabilmente nel territorio dello stato con l’indicazione dei relativi poteri. In relazione alla questione della legge applicabile si deve rilevare come quella italiana sia determinante in relazione alle modalità illustrate di iscrizione nel registro imprese; tuttavia, si deve tener presente che fino all’avvenuta iscrizione, la società è ancora regolata dalla legge estera. La decisione dovrà quindi competere al CDA o all’assemblea a seconda delle regole previste nel Paese di provenienza.

Ricordiamo che in base all’art. 25 della L. 218/95 vige la teoria dell’incorporazione mitigata dalla successiva regola secondo cui si applicano le leggi dello stato in cui ha la sede dell’amministrazione o l’oggetto dell’attività. Non si può, pertanto, prescindere dall’applicazione della legge italiana per cui lo statuto deve essere conforme alle regole di una struttura societaria del nostro Paese e, trattandosi di un documento destinato all’iscrizione nel registro delle imprese, l’atto deve rivestire la forma autentica prescritta dall’art. 11 del D.P.R. 581/1995 e che lo stesso sia preventivamente depositato presso un notaio(3). Una ulteriore questione attiene alla necessità di versare il capitale sociale in sede di ingresso nel nostro Paese. Lo Studio esclude questa necessità in quanto non si configura la costituzione di una società visto che la stessa già esiste. Si pone, tuttavia, il problema di distinguere i casi in cui il Paese di provenienza preveda degli idonei strumenti di verifica del capitale o no. Nel secondo caso, pur rimanendo ferma la non necessità di versare tale capitale, lo stesso dovrebbe comunque essere periziato. La suddetta perizia, al contrario, non è richiesta se nel Paese di provenienza vi è un rispetto delle tutele poste a garanzia della corretta formazione del capitale. Lo Studio propone il caso delle SA lussemburghesi.

Il tema del trasferimento della sede di una società etera in Italia è stato affrontato anche da alcune massime dei Notai del Triveneto. La massima E.C.1, innanzitutto, legittima l’operazione mediante la quale una società estera assume la lex societatis italiana.

E.C.1. – LEGITTIMITÀ DEL TRASFERIMENTO IN ITALIA DELLA SEDE DI SOCIETA’ ESTERA CON MUTAMENTO DELLA “LEX SOCIETATIS” – 1° pubbl. 9/14 Si ritiene ammissibile il trasferimento in Italia della sede legale di una società costituita in uno Stato estero con contemporaneo suo assoggettamento all’ordinamento giuridico italiano (c.d. mutamento della “lex societatis”) e adozione di una forma societaria propria del nostro ordinamento interno (c.d. “trasformazione internazionale”). Ai fini dell’iscrivibilità della società nel registro delle Imprese italiano, sarà necessario il deposito ex art. 106 l.n. presso un Notaio italiano di una copia autentica dell’atto estero di trasferimento della sede in Italia (munito, ove necessario, della apostille ai sensi della convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 ovvero della legalizzazione), debitamente tradotta ed asseverata. Il notaio depositario potrà effettuare l’iscrizione nel Registro imprese solo dopo aver effettuato con esito positivo il controllo di legalità. L’atto di trasferimento in Italia di una società costituita all’estero potrà anche essere ricevuto direttamente da un notaio italiano, conformemente alle leggi degli Stati interessati ex art. 25 della L. 218/95.

La massima E.C.2 è relativa al controllo di legalità che deve essere operato dal Notaio italiano.

E.C.2. – (CONTROLLO DEL NOTAIO DEPOSITARIO DI ATTO ESTERO AI FINI DELL’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE DI UNA SOCIETA’ PROVENIENTE DA UN ORDINAMENTO STRANIERO – 1° pubbl. 9/14) Al notaio depositario di un atto di trasferimento in Italia di società di capitali estera, con contemporaneo assoggettamento all’ordinamento interno, è affidato il controllo di legalità di cui all’art. 2436 c.c.. Egli, pertanto, potrà procedere all’iscrizione nel competente registro delle imprese della società trasferita solo dopo aver verificato che la stessa, assumendo la forma di una società italiana, abbia tutti i requisiti essenziali richiesti dalla normativa interna per il tipo societario adottato. Qualora tale verifica si concluda con esito negativo, il notaio non potrà procedere all’iscrizione fino a quando l’assemblea della società non provveda all’adeguamento dello statuto alle disposizioni inderogabili della legge italiana (ex art. 25 comma 3 L. 218/95), al fine di conformare la società ad uno dei modelli tipizzati dal nostro ordinamento. Tale adeguamento potrà essere contestuale all’atto di deposito della delibera estera di trasferimento della sede sociale in Italia, come anche successivo a tale deposito. In caso di rifiuto di iscrizione il notaio dovrà comunque dare comunicazione agli amministratori ex art. 2436 comma 3 c.c. al fine di consentirgli di attivare i rimedi previsti da detta disposizione. Si ritiene che i conservatori degli archivi notarili, pur legittimati a ricevere in deposito e conservare gli originali e le copie degli atti pubblici rogati e delle scritture private autenticate in uno Stato estero prima di farne uso nello Stato italiano (art. 106 l.n.), non possano ricevere in deposito atti costitutivi o modificativi di società di capitali formati all’estero non essendo investiti della funzione di controllo di legalità di cui agli artt. 2330 comma 1 e 2436, comma 1, c.c., richiamati anche in materia di s.r.l. e di cooperative (vedi orientamento A.A.5). Nel caso di società di persone, il notaio italiano dovrà rifiutarsi di ricevere in deposito l’atto estero di trasferimento in Italia di società straniera con mutamento della lex societatis qualora non ricorrano le condizioni previste dalla legge, poiché per dette società il controllo di legalità avviene ex ante, tant’è che l’iscrizione nel registro imprese può avvenire anche su richiesta dei soli amministratori o dei soci ai sensi dell’art. 2296 c.c..


La massima E.C.3 conferma le indicazioni date in precedenza in merito al capitale sociale dove si prescrive che in mancanza di affidabilità sulla stima del capitale stesso si devono applicare i procedimenti previsti dall’art. 2500 ter comma 2 in tema di trasformazione societaria progressiva.

E.C.3. – (CONTROLLO DELL’EFFETTIVITA’ DEL CAPITALE SOCIALE DELLA SOCIETA’ ESTERA CHE SI TRASFERISCE IN ITALIA – 1° pubbl. 9/14) Per poter iscrivere nel registro imprese italiano una società proveniente dall’estero che si sia “trasformata” in società di capitali italiana, occorre verificare l’effettività del suo capitale sociale. Tale verifica non è necessaria per quei tipi di società il cui capitale si sia formato in uno Stato comunitario che abbia recepito le direttive U.E. in tema di formazione e verifica del capitale (stima dei conferimenti). Nelle altre ipotesi, invece, sarà necessario verificare l’effettiva consistenza del capitale attraverso uno dei procedimenti previsti dall’art. 2500-ter comma 2 c.c.(4).

Il trasferimento della sede dall’Italia

Il trasferimento della società all’estero deve essere esaminato sotto il profilo delle norme del codice civile che la regolano e sotto il profilo della pubblicità nel registro delle imprese.

L’art. 2369 co. 5 c.c. in relazione alle spa stabilisce che nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è necessario, anche in seconda convocazione, il voto favorevole di più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell’oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il trasferimento della sede sociale all’estero e l’emissione delle azioni di cui al secondo comma dell’articolo 2351. In sostanza, il trasferimento all’estero richiede comunque un quorum qualificato. Il trasferimento all’estero è poi menzionato dagli articoli 2437 e 2473 che disciplinano il recesso rispettivamente nelle spa e nelle srl. Prevedere il recesso in capo al socio dissenziente rispetto al trasferimento di sede all’estero significa implicitamente ammettere che detto trasferimento può avvenire in continuità giuridica della società. Lo Studio del notariato si sofferma principalmente sugli adempimenti pubblicitari nel Registro delle Imprese. Appare evidente come una cancellazione dal Registro italiano senza una contestuale iscrizione in un registro estero potrebbe ledere gli interessi dei terzi in relazione alle informative che il mercato si aspetta di conoscere.

Nelle istruzioni di alcuni registri delle imprese viene quindi previsto il seguente iter:

a. il notaio richiede solo l’iscrizione nel Registro della delibera senza richiedere la modifica dell’indirizzo della sede legale e la cancellazione della società. Nella domanda (modello S2 riquadro 20) potrà essere specificato che il trasferimento deliberato avrà efficacia con il riconoscimento del Paese di destinazione;

b. in un momento successivo, effettuati gli adempimenti previsti nello Stato di arrivo, il notaio o un amministratore potrà richiedere la cancellazione della società (tramite il modello S3 – indicando nelle note l’assolvimento degli adempimenti pubblicitari presso lo Stato estero) allegando la documentazione che comprovi il rispetto degli adempimenti pubblicitari. La cancellazione, pertanto, interverrà solo a seguito dell’iscrizione nel Registro del Paese estero. Questa impostazione è peraltro fatta propria anche dalla giurisprudenza che ha affrontato il tema della fallibilità di società italiane trasferite all’estero. La giurisprudenza evidenzia come il trasferimento all’estero non possa essere equiparato ad una cessazione della società.

Tabella n. 6 – giurisprudenza in materia di fallibilità di società italiane trasferite all’estero

  • Cassazione 3 ottobre 2011, n. 20144
  • Cassazione 24 gennaio 2014, n. 1508

La cancellazione dal Registro italiano potrebbe non intervenire nell’ipotesi, invero rara, in cui la società trasferita possa rimanere soggetta all’ordinamento giuridico italiano (teoria dell’incorporazione). Sul punto si segnala anche una massima dei Notai del Triveneto.

E.B.3. – (ATTUAZIONE DELLA PUBBLICITA’ DEL TRASFERIMENTO DELLA SEDE ALL’ESTERO – 1° pubbl. 9/12) Mentre la deliberazione di trasferimento della sede legale di una società costituita in Italia in un altro Stato, senza abbandono del diritto italiano, è immediatamente iscrivibile nel Registro delle Imprese italiano e non comporta la cancellazione della medesima da detto Registro, il cambiamento del diritto nazionale applicabile (c.d. mutamento della “lex societatis”), con assunzione di una forma societaria propria del diritto nazionale dello Stato membro dell’Unione Europea di destinazione (vedi orientamento E.B.1), è subordinato alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese italiano. Detta cancellazione, che può avvenire solo dopo il riconoscimento della società nella sua nuova forma da parte dello Stato di destinazione, non è soggetta a controllo di legalità da parte del notaio italiano e dunque può essere richiesta direttamente dagli amministratori. E’ preferibile ritenere che la cancellazione della società dal Registro Imprese italiano non possa avvenire prima che siano decorsi sessanta giorni dall’iscrizione della delibera senza che siano intervenute opposizioni da parte dei creditori.

La massima E.B.3 subordina pertanto la cancellazione della società dal Registro imprese italiano all’iscrizione della stessa nel registro imprese estero. Il riferimento viene fatto solo ai trasferimenti intracomunitari ma deve valere a maggiore ragione anche per i trasferimenti verso Paesi extra UE. Una questione che a questo punto si pone è quella di valutare se l’adeguamento alla normativa del Paese di approdo debba avvenire quando la società giunge nel Paese estero (per intenderci presso il notaio del Paese di arrivo) o se possa essere attivata anche con il notaio italiano. Entrambe le soluzioni paiono percorribili in quanto si potrebbe pensare che il notaio italiano potrebbe verbalizzare anche il nuovo Statuto. Tuttavia, ciò implicherebbe una conoscenza anche della disciplina estera e questa conoscenza non potrebbe limitarsi al dato normativo, dovendo coinvolgere anche la Giurisprudenza e la prassi operativa. Lo Studio precisa che in ogni caso questo nuovo statuto non dovrebbe essere depositato nel Registro delle imprese italiano in quanto la società, in tale fase, risulterebbe ancora disciplina dalle regole italiane. Peraltro, la massima E.B.2 dei notai del Triveneto esclude che il Notaio debba svolgere un controllo di legittimità in base alle norme del Paese estero di approdo.

E.B.2. – (INCOMPETENZA DEL NOTAIO VERBALIZZANTE IL TRASFERIMENTO DELLA SEDE ALL’ESTERO CON MUTAMENTO DELLA “LEX SOCIETATIS” DI VERIFICARE LA SUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI CUI AL COMMA 3 DELL’ART. 25 DELLA L. 218/1995 – 1° pubbl. 9/12) Il Notaio verbalizzante il trasferimento della sede sociale all’estero di una società di capitali italiana che muti la “lex societatis” deve verificare le condizioni di legittimità della deliberazione di trasferimento della sede legale all’estero secondo le norme sostanziali dell’ordinamento nazionale, non anche la compatibilità di detta operazione con le norme di diritto societario straniero ai sensi del comma 3 dell’art. 25 della L. 218/1995.

Nel Registro imprese – lo ribadiamo per l’ennesima volta – verrà, invece, iscritta la cancellazione della società nel momento in cui questa viene iscritta nel Registro estero.


(1) Art. 7 co. 2 n. 6 D.P.R. 7 dicembre 1995 n. 581.

(2) Il co.1 del citato articolo stabilisce che le società costituite all’estero, le quali stabiliscono nel territorio dello Stato una o più sedi secondarie con rappresentanza stabile, sono soggette, per ciascuna sede, alle disposizioni della legge italiana sulla pubblicità degli atti sociali. Esse devono inoltre pubblicare, secondo le medesime disposizioni, il cognome, il nome, la data e il luogo di nascita delle persone che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato, con indicazione dei relativi poteri.

(3) Art. 106 Legge Notarile.

(4) Il citato articolo stabilisce che in ipotesi di trasformazione progressiva il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma dell’articolo 2343 ovvero dalla documentazione di cui all’articolo 2343-ter ovvero, infine, nel caso di società a responsabilità limitata, dell’articolo 2465.

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