La disciplina degli studi di settore è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 62 bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993 n. 427. Sono il frutto di un accordo di reciproca collaborazione tra Amministrazione finanziaria, associazioni di categorie e ordini professionali.
Gli studi di settore consentono di determinare i ricavi o i compensi che con massima probabilità possono essere attribuiti al contribuente, individuandone non solo la capacità potenziale di produrre ricavi o conseguire compensi, ma anche i fattori interni ed esterni relativi all’attività che potrebbero determinare una limitazione della capacità stessa (orari di attività, situazioni di mercato, eccetera).
Nei primi anni di applicazione, l’obiettivo primario da raggiungere per i contribuenti era la “congruità” ovvero il ricavo puntuale individuato dal software Gerico.
Nel corso degli anni, tuttavia, anche l’aspetto “qualitativo”, rappresentato dalla “coerenza”, ha finito per assumere sempre più rilevanza sotto diversi profili.
Un primo esempio è certamente rappresentato dalla disciplina delle società di comodo, nella quale l’essere congrui e coerenti allo studio di settore si configura sia come causa di esclusione che come causa di disapplicazione.
L’altro caso che conferisce indubbi benefici al contribuente “coerente” è certamente l’accesso al “regime premiale” introdotto dall’articolo 10 comma 9 del D.L. n. 201/2011, che si applica al verificarsi di due condizioni:
- l’essere congrui(1) (anche per effetto di adeguamento in dichiarazione) e coerenti rispetto agli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dei singoli studi di settore;
- aver regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi, indicando fedelmente (2) tutti i dati previsti.
Gli importanti benefici ai quali accede chi presenta le succitate condizioni possono essere così riassunti:
- preclusione degli accertamenti basati su presunzioni semplici di cui all’articolo 39, primo comma, lettera d), del DPR n. 600/1973 e all’articolo 54, secondo comma, del DPR n. 633/1972;
- riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’articolo 43, primo comma, del DPR n. 600/1973 e dall’articolo 57, primo comma, del DPR n. 633/1972;
- ammissibilità alla determinazione sintetica del reddito complessivo ai sensi dell’articolo 38 del DPR n. 600/1973 (redditometro), a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato.
Ad oggi, detti benefici potranno riguardare solo 159 dei 204 studi di settore approvati (3), cioè quelli per i quali:
- risultano approvati indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno quattro tra le seguenti diverse tipologie:
- efficienza e produttività del fattore lavoro;
- efficienza e produttività del fattore capitale;
- efficienza di gestione delle scorte;
- redditività e struttura;
- oppure, risultano approvati indicatori di coerenza economica riferibili a tre sole delle tipologie sopra indicate e che, contemporaneamente, prevedono l’indicatore “Indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti”.
In attesa delle necessarie modifiche da introdurre nel processo di evoluzione, restano ancora esclusi dal regime premiale per il periodo d’imposta 2015 quasi tutti gli studi di settore relativi al comparto professioni, considerato che la particolare funzione di stima prevista per alcuni studi nel valorizzare le prestazioni rese non riesce a cogliere appieno i possibili casi di omessa fatturazione.
Il regime premiale è fruibile dai soggetti “potenzialmente” accertabili sulla base degli studi di settore: restano esclusi, quindi, dal regime in esame, tutti quei contribuenti che presentano cause di inapplicabilità o di esclusione, compresi quelli nei cui confronti lo strumento accertativo non si rende applicabile ai sensi del DM 11.2.2008 (C.M. 16.3.2012 n. 8).
Approfondimenti su FiscoOggi (Piu ampia la platea dei soggetti ammessi al regime premiale 2015).
(1) La congruità può essere conseguita anche a seguito di adeguamento e che, qualora il contribuente applichi due diversi studi di settore, la congruità deve sussistere per entrambi gli studi. Per quanto riguarda la coerenza agli studi di settore, questa deve sussistere per tutti gli indicatori di coerenza e di normalità economica previsti dallo studio di settore applicabile: nel caso in cui il contribuente applichi due diversi studi di settore, la coerenza deve sussistere per entrambi gli studi.
(2) Eventuali differenze rispetto all’assegnazione del cluster, alla stima dei ricavi o dei compensi o al posizionamento rispetto agli indicatori, potrebbero pregiudicare l’accesso al regime premiale in argomento e ciò anche laddove gli scostamenti non dovessero impattare sull’eventuale stima di “congruità e coerenza” della posizione del contribuente effettuata da Gerico. Al ricorrere di tale ipotesi, infatti, l’accesso al regime premiale sarebbe comunque precluso, stante il mancato rispetto del requisito della “fedeltà dei dati dichiarati”. Sul punto, si rammenta che quest’ultima disposizione riconosce la possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate di effettuare l’accertamento induttivo qualora:
- il modello studi di settore non sia allegato;
- siano indicate cause di esclusione o inapplicabilità dagli studi non sussistenti;
- il modello studi di settore sia compilato in maniera infedele.
La condizione di infedele compilazione del modello studi sussiste qualora si verifichi uno scostamento superiore al 15%, o comunque maggiore di Euro 50.000, tra i ricavi/compensi risultanti dal calcolo degli studi con dati corretti e quelli con i dati dichiarati: lo scostamento in parola non è richiesto, invece, quando il modello studi di settore non è allegato, oppure sono state indicate cause di esclusione o inapplicabilità dagli studi non sussistenti.
Ad ogni modo, non può essere sottaciuto che la compilazione di uno studio di settore in modo veritiero e corretto rappresenta, secondo i più recenti orientamenti della giurisprudenza di merito, una causa ostativa all’attivazione dell’accertamento induttivo, in quanto l’impianto contabile non può essere considerato inattendibile (CTP di Milano n. 732/47/14 del 14 maggio 2014 e della CTP di Salerno n. 3335/10/14 del 29 luglio 2014). Secondo i Giudici Milanesi, infatti, la ricostruzione dei ricavi, applicando le medie dei ricarichi applicati nel settore di appartenenza del contribuente, può risultare corretta solo quando la difformità rispetto al ricarico praticato dal contribuente raggiunge livelli importanti, altrimenti non è possibile procedere nei confronti di soggetti che oltre a presentare una contabilità regolare, sono soprattutto congrui e coerenti alle risultanze degli studi di settore. Dello stesso avviso anche i giudici della CTP di Salerno, i quali confermano che il ricorso all’accertamento induttivo è consentito quando i maggiori ricavi ricostruiti in forza della percentuale di ricarico si discostano notevolmente da quelli dichiarati, con conseguente inattendibilità delle scritture contabili. In buona sostanza, dalle sentenze riportate emerge che pur essendo gli studi di settore una presunzione semplice nell’ambito dell’accertamento, è altrettanto vero che gli stessi possono essere utilizzati anche a favore del contribuente, il quale può fare “pesare” la congruità al fine di ridurre la portata presuntiva di altre tipologie di accertamento.
(3) Fonte Provvedimento Agenzia delle Entrate n. 53376 del 13 Aprile 2016