Home Fiscale e Tributario Ritornano le collaborazioni coordinate e continuative (cosiddette co.co.co.)

Ritornano le collaborazioni coordinate e continuative (cosiddette co.co.co.)

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Il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” ha apportato una profonda modifica alle norme in materia di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 del Codice di procedura civile.

Premessa

La nuova norma ha disposto l’abrogazione degli articoli 61 e seguenti del D.Lgs. 276/2003, che regolavano il contratto di lavoro a progetto, con efficacia dal 25 giugno 2015, prevedendo solo la prosecuzione dei rapporti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015, di fatto fino al 31 dicembre 2015.

Come il lavoro a progetto, dalla stessa data anche le attività svolte dai titolari di Partita IVA con contratto non genuino rientrano nell’alveo del lavoro subordinato.

Dal 25 giugno 2015, dunque, non possono più essere stipulati contratti di lavoro a progetto e, nei casi in cui il committente intenda affidare ad un soggetto terzo non professionista né imprenditore, un’attività realmente di lavoro autonomo e/o la realizzazione di un’opera, potrà ricorrere al contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), di cui all’art. 409 del Codice di procedura civile ovvero ad contratto d’opera, di cui all’art. 2222 del Codice civile.

Modalità di qualificazione del rapporto di lavoro dipendente o autonomo

La modifica sostanziale, apportata dal Legislatore, per qualificare il rapporto di lavoro in autonomo o dipendente, è determinata dalle modalità con cui viene eseguita la prestazione. Affinché sia considerata genuina, la prestazione deve mantenere l’autonomia operativa ed organizzativa del prestatore d’opera, soprattutto in merito ai tempi ed ai luoghi di svolgimento della prestazione. Bisogna tenere presente che il contratto, comunque sia denominato, configura un rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui il committente eserciti sul collaboratore il potere organizzativo, che è normalmente congiunto ai poteri direttivo e disciplinare.

Il Legislatore, cercando di risolvere l’annoso problema tra coordinamento (considerato legittimo) ed eteroorganizzazione, rilancia di fatto il co.co.co. genuino; infatti, nel rispetto di determinate condizioni, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa configura un rapporto di lavoro autonomo, anche a tempo indeterminato, in base la quale il collaboratore fornisce un servizio o realizza un bene in totale autonomia ed indipendenza.

Forma del contratto di co.co.co.

La forma del contratto di collaborazione coordinata continuativa torna ad essere libera venendo meno l’obbligo di:

  • avere forma scritta;
  • indicare alcun tipo di risultato sia esso finale che parziale;
  • individuare un compenso minimo per il collaboratore da valorizzarsi in base a parametri oggettivi;
  • individuare la durata e le modalità di estinzione e di risoluzione del contratto.

L’unico limite al libero esercizio dell’autonomia contrattuale sta nella previsione legislativa di portare nell’area della subordinazione, a partire dal 1 gennaio 2016, le collaborazioni coordinate e continuative che presentino, nello svolgimento della prestazione, contestualmente le caratteristiche di seguito elencate:

  • esclusività personale;
  • continuatività della prestazione;
  • modalità di esecuzione stabilite dal committente anche con riferimento a tempi ed a luoghi di lavoro.

Il D.Lgs. 81/2015 tende a spostare l’indice di valutazione sulle modalità organizzative della prestazione, attribuendo le tutele previste per il lavoro subordinato a quelle formule di collaborazione (con o senza Partita IVA) che per caratteristiche di tempo e di luogo (profili organizzativi) siano sostanzialmente assimilabili al lavoro subordinato.

Attività ispettiva

Dal 1 gennaio 2016 le nuove disposizioni tendono a ricondurre solo una parte delle collaborazioni coordinate e continuative, secondo le presunzioni di cui sopra, alla disciplina del lavoro subordinato. Di conseguenza, il personale ispettivo non dovrà più valutare l’esistenza o la validità del progetto, bensì le modalità di svolgimento della prestazione.

In particolare presterà attenzione a che:

  • il collaboratore sia dotato di una propria organizzazione per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  • tale attività non comporti un impegno duraturo e costante a favore del committente;
  • svolga la prestazione in piena autonomia decidendo tempi e luoghi di lavoro, senza alcuna interferenza da parte del datore di lavoro.

In assenza di tali requisiti la collaborazione, in quanto non genuina, verrà ricondotta nell’alveo della subordinazione e verranno applicate al committente/datore di lavoro le seguenti sanzioni:

  • omessa registrazione nel libro unico del lavoro: sanzione amministrativa da euro 1.200.00 ad euro 2.400,00;
  • mancata consegna al lavoratore di una copia del contratto individuale: sanzione amministrativa da euro 250.00 ad euro 500,00;
  • mancata comunicazione al competente Centro per l’impiego (CPI): sanzione amministrativa da euro 100,00 ad euro 166,66.

Collaborazioni escluse dal meccanismo di presunzione

L’Art. 2 del D.Lgs. 81/2015 nel fare tabula rasa delle collaborazioni non genuine, ha espressamente escluso le seguenti:

  1. le collaborazioni previste dai Contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) che provvedono a determinare il trattamento economico e normativo. Tali contratti dovranno inoltre tenere conto delle particolari condizioni del settore in cui si svolge l’attività;
  2. le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in un apposito albo professionale;
  3. le attività prestate da componenti degli organi di amministrazione e controllo di società, nonché dai partecipanti a collegi o commissioni
  4. le collaborazioni prestate in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni nazionali riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI); e) fino al 31 dicembre 2016, le collaborazioni stipulate dalla pubblica amministrazione.

Nel contempo, ha cancellato dall’ordinamento le mini co.co.co. nonché le collaborazioni stipulate con soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia.

Stabilizzazione delle collaborazioni

Al fine di escludere presunzioni sulla natura e/o la qualificazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa nonché di ridurre al minimo i rischi di contenzioso, le parti stipulanti possono ricorrere all’istituto della certificazione regolato dal D.Lgs. n. 276/2003, che è una procedura di carattere volontario finalizzata ad attestare che il contratto abbia i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge. La certificazione, ovviamente, non affranca le collaborazioni coordinate e continuative non genuine dal rischio di essere ricondotte al lavoro subordinato, in caso di sostanziali difformità tra il programma contrattuale e le prestazioni effettivamente svolte dal lavoratore, accertate da organi ispettivi o dal giudice.

Per favorire la transizione dal vecchio al nuovo regime, l’art. 54 del D.Lgs. 81/2015 ha previsto una specifica sanatoria, del tipo “chiusura tombale”, per i datori di lavoro privati che dal 1 gennaio 2016 procedano alla assunzione – con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di soggetti titolari di Partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo, a condizione che:

  • il lavoratore sottoscriva davanti ad una commissione di conciliazione o di certificazione la rinuncia a tutte le possibili pretese riguardanti l’erronea qualificazione del precedente rapporto;
  • il datore di lavoro non receda dal nuovo rapporto di lavoro prima di 12 mesi, salvo giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

Possono essere oggetto di sanatoria anche i rapporti già conclusi, purché alle suddette condizioni, mentre tale opportunità è esclusa ove sia in corso un accertamento da parte degli organi ispettivi.

Si segnala infine che il datore di lavoro che effettuerà l’assunzione a tempo indeterminato dal 1 gennaio 2016 non potrà beneficiare dell’esonero contributivo triennale, di euro 8.060,00 l’anno, regolato dall’art. 1, comma 118, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di Stabilità 2015), salvo future modifiche di legge, e che, se l’instaurazione del nuovo rapporto avverrà entro il prossimo 31 dicembre 2015, non usufruirà della sanatoria ma, in compenso, beneficerà dell’esonero contributivo triennale. Il rischio, in tale fattispecie, potrebbe essere che il rapporto di lavoro possa essere riqualificato in caso di verifica ispettiva, con il conseguente recupero della contribuzione non versata.

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