Il Ministero dell’interno, con circolare 27 agosto 2015, n. 4621, esclude la facoltà di conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo.
In particolare, questo è quanto previsto dal D.P.R. n. 394/1999 in base al quale sono state rifiutate dal Ministero le domande presentate dai religiosi, a fronte, tuttavia, di una giurisprudenza amministrativa non univoca. Infatti, il Consiglio di Stato, interpellato sulla materia, ha confermato che l’unica ragione per la quale un cittadino straniero ottiene il permesso di soggiorno per motivi religiosi è quella di svolgere in Italia l’attività strettamente collegata all’attività religiosa. Se tali presupposti vengono meno viene a mancare l’unico presupposto di entrata e di permanenza nel territorio nazionale. Inoltre, il Dicastero ricorda anche che il rilascio del permesso di soggiorno per motivi religiosi segue un procedimento privilegiato (art. 5, comma 2, del T.U. immigrazione) e il suo rinnovo è previsto fino a quando il beneficiario si dedica ad attività religiose e di culto. La trasformazione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro influirebbe sulla par condicio dei richiedenti “non privilegiati”. Infine, le norme che consentono la conversione del permesso di soggiorno (art. 6 del D.P.R. n. 286/1998 e art. 14, D.P.R. n. 349/1999) sono norme non suscettibili di interpretazione estensiva.