Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, viene meno il distinguo nei contratti di lavoro fra part-time orizzontale e verticale e il datore di lavoro può richiedere lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare oltre l’orario di lavoro concordato fra le parti ed entro il limite del tempo pieno.
La forma del contratto dovrà essere sempre per iscritto ai fini della prova e deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione dell’orario di svolgimento della stessa con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. In difetto di prova, su domanda del lavoratore il rapporto di lavoro è dichiarato essere a tempo pieno, ferma restando per il periodo precedente alla pronuncia giudiziale il diritto alla retribuzione ed ai contributi per le prestazioni effettivamente rese.
Sarà la contrattazione collettiva (di qualsivoglia livello) a stabilire il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili, nonché la retribuzione da corrispondere per le ore lavoratore oltre l’orario stabilito nel contratto individuale.
Qualora non sia regolamentata dal contratto collettivo, le di prestazioni supplementari richiedono il consenso del lavoratore interessato, e non potranno essere superiori al 15 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi il lavoro supplementare sarà retribuito con una maggiorazione del 15% sull’importo della retribuzione oraria.
Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono pattuire, per iscritto, clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata. In tal caso, il lavoratore ha diritto a un preavviso di due giorni lavorativi, fatte salve le diverse intese tra le parti, nonché a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme determinate dai contratti collettivi.
Qualora il contratto collettivo applicato non disciplini le clausole elastiche queste possono essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle commissioni di certificazione, con facoltà del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Il rifiuto del lavoratore a concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento così come non costituisce giustificato motivo di licenziamento il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale o viceversa.
La trasformazione del rapporto di lavoro deve, comunque avvenire su accordo delle parti, fermo restando il diritto del lavoratore affetto da gravi patologie di ottenere la conversione del contratto.
Del tutto nuova è la possibilità per la lavoratrice madre o il lavoratore padre di poter chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante a norma del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.
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