Svolge attività di agente di commercio la persona o la società che viene stabilmente incaricata, da una o più imprese, di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone determinate, mentre svolge attività di rappresentante di commercio la persona o la società che viene stabilmente incaricata, da una o più imprese, di concludere contratti in una o più zone determinate.
Dal punto di vista del diritto tributario l’Agente di commercio svolge attività d’impresa, anche se si tratta di un lavoratore autonomo senza organizzazione. Con il presente commento analizziamo alcuni dei principali aspetti concernenti gli adempimenti fiscali della figura dell’Agente con riferimento all’imposta sul valore aggiunto, la deduzioni dei costi ai fini delle imposte dirette, e la questione molto dibattuta della rilevanza, o meno, ai fini Irap.
Le disposizioni sugli agenti e rappresentanti sono quelle contenute negli artt. 1742 e seg., Codice civile, e alla base di un simile rapporto tra un’azienda e un suo agente o rappresentante c’è un contratto di agenzia. Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.
La differenza tra un agente e un rappresentante è che il primo assume il nome di rappresentante di commercio quando, oltre a promuovere la conclusione di contratti, ha anche il potere di concluderli in nome e per conto del preponente a favore del quale presta la propria opera.
- Agente «monomandatario» o «plurimandatario»
Di norma, l’agente o il rappresentante può avere mandato ad operare per un solo preponente, caso in cui viene definito «monomandatario»; oppure può operare per conto di diverse imprese, caso in cui viene definito «plurimandatario».
Nel caso di agente plurimandatario, egli non potrà operare per imprese in concorrenza tra loro ai sensi dell’art. 1743, c.c., ma potrà agire anche in forma societaria.
La disciplina civilistica precisa che si può parlare di «apporto esclusivo» solo nel caso in cui, con espressa pattuizione contrattuale, l’agente sia impegnato a esercitare l’attività per un solo preponente, con il divieto di intrattenere rapporti di agenzia con altre case mandanti, anche se non in concorrenza.
Accanto al Codice civile dal punto di vista normativo, soprattutto in funzione di attuazione di Direttive comunitarie, il legislatore ha emanato il D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303, che ha apportato una serie di modifiche ad alcuni articoli del Codice civile dedicati alla disciplina del contratto di agenzia. Una serie di contrasti tra tale norma e il diritto comunitario ha portato l’Unione europea ad emettere una serie di sentenze contro la legislazione italiana che ha posto rimedio emanando il D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, che ha ovviato, almeno in parte, alle inesattezze che avevano caratterizzato il primo intervento legislativo.
- Adempimenti Iva per l’agente di commercio
L’Agente è soggetto alla normativa Iva sussistendo il presupposto soggettivo dell’esercizio abituale di un’attività di impresa. Dal punto di vista territoriale, inoltre, l’attività dell’Agente, consistente in obbligazioni «verso corrispettivo dipendenti da contratti (…) d’agenzia», in quanto «prestazioni di servizi», soddisfa il presupposto oggettivo di applicazione dell’Iva congiuntamente con quello territoriale, consistente, per le prestazioni di servizi, nella circostanza che l’Agente sia un soggetto che ha il domicilio nel territorio dello Stato.
Riguardo le provvigioni corrisposte ad Agenti, ai fini iva, è da premettere che ai sensi del co. 1, art. 3, D.P.R. 633/1972, sono considerate prestazioni di servizi anche quelle effettuate, dietro corrispettivo, in relazione ad un contratto di agenzia.
Inoltre, ai sensi dell’art. 4, Iva per esercizio di impresa si intende l’esercizio per professione abituale (abitualità delle prestazioni), ancorché non esclusiva, anche delle attività commerciali di cui all’art. 2195, Codice civile (tra cui rientra l’attività intermediaria nella circolazione dei beni e le altre attività ausiliarie).
Risulta, quindi, evidente che qualora per l’intermediario manchi il requisito dell’abitualità non sorge l’obbligo di assoggettamento ad imposta sul valore aggiunto e, quindi, non deve dotarsi di numero di partita Iva.
In tali eventualità, si parla, infatti, di prestazioni occasionali (in particolare di procacciamento d’affari occasionale rientrante, tra l’altro, nella lett. i), dell’art. 67, D.P.R. 917/1986) soggette esclusivamente alla ritenuta ai fini delle imposte sui redditi, di cui all’art. 25-bis, D.P.R. 600/1973.
La provvigione spetta all’agente o rappresentante di commercio per gli affari andati a buon fine ed è determinata, di norma, in misura percentuale.
Essa è comprensiva di:
- compensi spettanti per l’attività svolta;
- eventuali rimborsi spese forfettarie;
- eventuali sovrapprezzi a favore dell’agente dati dalla differenza tra prezzo fissato dalla mandante e prezzo finale di vendita all’acquirente;
- bonus, premi di produzione;
- compensi in natura (viaggi premio, omaggi, ecc.) determinati in base al valore normale;
- altri compensi relativi all’attività esercitata.
In linea generale in fattura viene indicata, pur non costituendo un obbligo, la contribuzione Enasarco per la quota a carico dell’agente o rappresentante di commercio.
I versamenti periodici relativamente all’Iva vanno effettuati utilizzando il modello F24, esclusivamente in via telematica, anche avvalendosi di intermediari abilitati.
I termini di versamento variano a seconda del tipo di contribuente. È, pertanto, necessario distinguere tra:
- contribuente mensile: la liquidazione e il versamento dell’eventuale Iva debito va effettuata entro il giorno 16 del mese successivo;
- contribuente trimestrale: la liquidazione ed il versamento vanno effettuati entro il giorno 16 del mese successivo a ciascuno dei tre trimestri solari (16 maggio, 16 agosto e 16 novembre).
I contribuenti obbligati agli adempimenti di liquidazione e versamento periodico, entro il 27.12 di ciascun anno hanno l’obbligo di versare l’acconto dell’Iva relativa all’ultimo periodo (trimestre o mese dell’anno precedente).
La dichiarazione annuale Iva rappresenta il riepilogo delle operazioni rilevanti ai fini Iva effettuate nel corso dell’anno precedente a quello di presentazione e determina la liquidazione definitiva del debito o del credito Iva.
Con riferimento alla dichiarazione Iva 2015 il relativo periodo d’imposta è l’anno solare 2014.
Si ricorda che dal 01.10.2014 sono entrate in vigore le nuove regole per il pagamento dei tributi con il modello F24 e le novità interessano una platea tutt’altro che ristretta di contribuenti.
Detraibilità Iva per l’agente: la questione dell’autovettura
La detrazione Iva:
- è ammessa solo se i beni o servizi acquistati o importati sono soggetti ad imposta;
- non è ammessa per l’acquisto o importazione di beni afferenti operazioni esenti o escluse dall’applicazione dell’Iva.
Ai sensi dell’art. 19, co. 1, D.P.R. 633/1972, l’imposta dovuta si determina detraendo dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa relativamente a beni acquistati o importati nell’esercizio dell’attività di impresa.
La detrazione è ammessa se:
- la spesa sostenuta è inerente all’attività d’impresa, in relazione anche ad attività occasionali purché effettuate nell’ambito dell’esercizio d’impresa;
- l’importo dell’imposta viene esposto separatamente in fattura a titolo di rivalsa;
- il contribuente sia in possesso della fattura di acquisto, bolletta doganale, fattura di acquisto intracomunitaria, autofattura, ecc.
L’agente o rappresentante di commercio, ai sensi dell’art. 19-bis1, co. 1, lett. c), D.P.R. 633/1972, recupera totalmente l’Iva assolta sull’acquisto dell’autovettura. Seguono la stessa sorte dell’automezzo cui si riferiscono, l’Iva relativa alle spese di impiego, manutenzione e riparazione, carburanti e lubrificanti e spese per pedaggi autostradali, ecc.
Per i veicoli utilizzati dagli agenti o rappresentanti di commercio valgono le regole di carattere generale in materia di diritto alla detrazione dell’Iva, che prevedono il diritto alla detrazione in base al principio di inerenza e quindi nella misura in cui possono dimostrare di utilizzarla per l’esercizio dell’attività.
- Uso promiscuo dell’autovetture: detraibilità parziale Iva
In caso di utilizzo dell’autovettura anche per finalità personali o familiari, l’agente (o il rappresentante) di commercio può già, in sede di acquisto, effettuare una valutazione prospettica dell’automezzo e detrarre solo in parte l’imposta, ovvero, se ha provveduto al recupero totale di questa, dovrà operare in sede di dichiarazione annuale, ai sensi dell’art. 19-bis2, D.P.R. 633/1972, la rettifica della detrazione inizialmente operata.
L’art. 19, co. 4, D.P.R. 633/1972, prevede la detrazione parziale nel caso di acquisto di una macchina destinata in parte ad uso lavorativo, in parte ad uso privato o familiare. La quota di detraibilità viene determinata secondo un criterio di uso oggettivo del bene. Nel momento in cui si manifesta il diritto alla detrazione dell’imposta pagata per l’acquisizione dell’autovettura, pertanto, l’agente o rappresentante di commercio dovrà effettuare una «valutazione prospettica», al fine di determinare in quale misura l’impiego stesso si collegherà ad operazioni soggette all’Iva (o ad esse assimilate ai fini della detrazione) e in quale misura invece, ad operazioni escluse dal campo di applicazione dell’imposta (ad es. l’uso privato), in modo da calcolare in definitiva la quota d’imposta detraibile.
Per l’agente o rappresentante di commercio potrebbe essere calcolata la parte di utilizzo personale tenendo in considerazione i giorni non lavorativi (due su sette) al fine di calcolare poi la quota di Iva effettivamente detraibile.
Si ricorda che l’importo dell’Iva indetraibile per l’utilizzo della macchina ai fini privati va determinato tenendo in considerazione oltre al costo del mezzo anche le spese di carburante, lubrificante, ricambi e manutenzioni, ecc., per la parte imputabile all’uso personale.
- Agenti di commercio e imposte dirette
Dal punto di vista civilistico, l’art. 1748, Codice civile (riformulato con il D.Lgs. 15 febbraio 1999 n. 65) stabilisce precise modalità e tempi sul diritto alla provvigione. In particolare è previsto che il diritto a conseguire la provvigione sorge indipendentemente dall’avvenuto pagamento del corrispettivo da parte del cliente.
La provvigione è dovuta dal momento e nella misura in cui la casa mandante ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il cliente.
Tuttavia, è possibile che l’atto con cui è conferito il mandato di agenzia preveda un diverso momento che può essere stabilito fino a quello in cui il cliente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la controprestazione.
La R.M. 8 agosto 2005, n. 115/E, dell’Agenzia delle Entrate si sofferma sull’individuazione dell’esercizio di imputazione della provvigione, secondo le regole della competenza, dopo le modifiche apportate all’art. 1748, Codice civile, D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65.
L’individuazione dell’esercizio in cui le provvigioni devono concorrere (come ricavo dell’agente o come costo della casa mandante) a formare il reddito di impresa ha dato origine a taluni dubbi interpretativi nel (diffuso) caso di contratti che stabiliscono che la provvigione spetti all’agente al momento dell’incasso del credito da parte della casa mandante (cosiddette «provvigioni sull’incassato»).
Secondo una parte della dottrina, infatti, la certezza del componente reddituale si avrebbe solamente a quest’ultima data con la conseguenza di dover spostare al relativo esercizio (se diverso da quello di maturazione della provvigione) la deduzione dell’onere o la tassazione del provento.
Secondo un’altra tesi, il requisito fiscale di esistenza certa, da intendersi in termini relativi e non di definitività assoluta, è già realizzato alla data in cui l’agente conclude la propria prestazione con il perfezionamento della vendita da parte della casa mandante.
Sulla questione l’Agenzia delle Entrate, con la citata risoluzione, emanata a seguito di interpello di un agente di commercio che chiedeva di conoscere in quale anno dovesse sottoporre ad imposizione le provvigioni conseguite, in presenza di un contratto contenente la descritta clausola «sull’incassato», ha affermato che il provento per l’agente e l’onere per il preponente sono da intendersi fiscalmente rilevanti già alla data di ultimazione della prestazione da parte dell’intermediario, non dovendosi invece attendere la data dell’incasso della fornitura procurata.
Auto aziendali
AUTO AZIENDALI – COSTI DEDUCIBILI | ||||
SPESE | Art. 164, D.P.R. 917/1986 dal periodo d’imposta in corso al 27.6.2007 | |||
Auto, autoveicoli, autocaravan, motocicli e ciclomotori di lusso e non | Altri veicoli (es. autocarri) | |||
non di professionisti o agenti o rappresentanti | di professionisti | di agenti o rappresentanti | di chiunque (1) | |
Ammortamenti, leasing (2) | 40% (3) | 40% (3) | 80% (4) | 100% senza limiti |
Locazione (2) | 40% (5) | 40% (5) | 80% (5) | 100% senza limiti |
Impiego | 40% | 40% | 80% | 100% |
Manutenzione | 40% | 40% | 80% | 100% |
Riparazioni | 40% | 40% | 80% | 100% |
Custodia | 40% | 40% | 80% | 100% |
Immatricolazione | 40% | 40% | 80% | 100% |
Bollo e assicuraz. | 40% | 40% | 80% | 100% |
Note: (1) Il requisito della strumentalità nel caso di autocarri (art. 54, lett. d), Codice della Strada) è implicito nel tipo di immatricolazione; sono esclusi da tale automatica presunzione i rappresentanti. (2) Nel caso di contratti di leasing, locazione o noleggio con durata inferiore all’anno il limite indicato va ragguagliato ad anno. (3) di massimo euro 18.075,99 per auto, autoveicoli, autocaravan di lusso e non; di euro 4.131,66 per motocicli di lusso e non; di euro 2.065,83 per ciclomotori di lusso e non. (4) di massimo euro 25.822,84 per auto, autoveicoli, autocaravan di lusso e non; di euro 4.131,66 per motocicli di lusso e non; di euro 2.065,83 per ciclomotori di lusso e non. (5) di massimo euro 3.615,20 per auto, autoveicoli, autocaravan di lusso e non; di euro 774,69 per motocicli di lusso e non; di euro 413,17 per ciclomotori di lusso e non. |
5. Deducibilità fiscale dell’indennità suppletiva di clientela
La Corte di Cassazione ha riconfermato con la sentenza n. 26534, del 17 dicembre 2014, che gli accantonamenti per le indennità di cessazione dei rapporti di agenzia (sia a titolo di indennità per la risoluzione del rapporto sia a titolo di indennità suppletiva di clientela) sono deducibili per competenza nell’esercizio di imputazione a conto economico.
La Corte di Cassazione ha, quindi, ribadito che gli accantonamenti per le indennità di cessazione dei rapporti di agenzia (sia a titolo di indennità per la risoluzione del rapporto sia a titolo di indennità suppletiva di clientela) sono deducibili per competenza nell’esercizio di imputazione a conto economico.
La sentenza aderisce sia all’orientamento di recente espresso dalla Suprema Corte in tema di indennità suppletiva di clientela, sia all’interpretazione da ultimo fornita dall’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 8 novembre 2013, n. 33, che dovrebbe aver fissato un punto fermo a favore della deducibilità per competenza della suddetta indennità, dopo un lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ha oscillato tra deducibilità per competenza (all’atto dell’iscrizione a conto economico) e deducibilità per cassa (al momento della corresponsione all’agente).
Sia la Corte di Cassazione sia l’Agenzia delle Entrate concordano quindi ormai nel ritenere che l’accantonamento per indennità suppletiva di clientela rientra pacificamente tra quelli citati dall’art. 105, D.P.R. 917/1986, che consente al co. 1, la deduzione dal reddito d’impresa degli «accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente nei limiti delle quote maturate in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolamentano il rapporto di lavoro» e al co. 4 prevede la possibilità di operare accantonamenti anche in relazione all’indennità per la cessazione del rapporto di agenzia di cui all’art. 17, co. 1, lett. d), D.P.R. 917/1986.
Ne consegue che anche gli accantonamenti per l’indennità suppletiva di clientela, dovuta in applicazione della «attuale versione dell’art. 1751, Codice civile, in vigore dal 1° gennaio 1993, devono ritenersi deducibili dal reddito d’impresa della casa mandante secondo il principio di competenza, poiché detta indennità è parte integrante dell’indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia».
L’art. 1751, c.c. prevede, infatti, una disciplina unitaria dell’unica «indennità per la cessazione del rapporto di agenzia», non riproponendo più la distinzione (prevista dalla contrattazione collettiva per effetto del richiamo contenuto nell’art. 1751 c.c. versione ante ‘93) tra «indennità di risoluzione del rapporto», «indennità suppletiva di clientela» e «indennità meritocratica».
6. Irap e gli agenti di commercio
La C.M. 28/E/2010 del 28 maggio 2010 in materia di Irap ha ampliato quanto precedentemente affermato dalla C.M. 45/E/2008, dell’Agenzia delle Entrate, specificando che l’Irap deve essere pagata dagli agenti di commercio solo quando questi non sono «autonomamente organizzati».
La circolare indica, quindi, come discriminante per il pagamento dell’Irap il concetto di «autonoma organizzazione».
Un agente di commercio svolge attività con autonoma organizzazione (e quindi non deve pagare l’Irap) ad esempio in questi casi:
- l’agente di commercio non si avvale dell’attività lavorativa di terzi (cioè l’agente non ha dipendenti o collaboratori a progetto);
- l’agente di commercio utilizza beni strumentali non eccedenti le necessità minime dell’attività (in linea di massima i beni strumentali non dovrebbero eccedere i 15.000 euro). Il concetto è però più complesso e dovrebbe tenere conto anche del costo storico dei beni, anche se completamente ammortizzato.
Va rilevato che il pagamento dell’Irap da parte degli agenti di commercio è un argomento molto dibattuto tra l’Agenzia delle Entrate e gli agenti stessi; la Corte di Cassazione, infatti, in alcune sentenze ha dato ragione ai contribuenti e in altre all’a