Definizione di attività di vendita diretta a domicilio e incaricato alle vendite, aspetti fiscali e previdenziali.
L’art. 1 della Legge n. 173/2005 definisce:
- l’attività di “vendita diretta a domicilio“, come quella forma speciale di vendita al dettaglio e di offerta di beni e servizi, effettuate tramite la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio del consumatore finale o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi personali, di lavoro, di studio, di intrattenimento o di svago;
- l’”incaricato alla vendita diretta a domicilio“, come quel soggetto che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio.
L’attività di incaricato alla vendita diretta a domicilio può dunque essere esercitata:
- con vincolo di subordinazione, inquadrabile come rapporto di lavoro subordinato;
- senza vincolo di subordinazione, attraverso un contratto di agenzia;
- senza vincolo di subordinazione e senza necessità di stipulare un contratto di agenzia, da soggetti che svolgono l’attività in maniera abituale, ancorché non esclusiva, o in maniera occasionale, purché incaricati da una o più imprese.
Viene quindi analizzato il trattamento fiscale e previdenziale da parte dei soggetti che svolgono l’attività in maniera occasionale o abituale (ma senza essere inquadrati nel rapporto di agenzia).
Imposte sui redditi
Come stabilito dall’art. 25–bis del D.P.R. n. 600/1973 le prestazioni rese dagli incaricati alle vendite a domicilio sono soggette a ritenuta a titolo d’imposta del 23%; tale ritenuta ed è commisurata all’ammontare delle provvigioni percepite ridotte del 22% a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito.Pertanto, il reddito imponibile netto si ottiene sottraendo dall’imponibile lordo (provvigioni, premi ed incentivi) una deduzione forfetaria del 22%:
Da un punto di vista del trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’art. 3 della Legge n. 173/2005 stabilisce che l’attività svolta dal venditore porta a porta è considerata di carattere occasionale sino al conseguimento di un reddito netto annuo, derivante da tale attività, non superiore ad € 5.000; considerato che il reddito netto è pari al 78% delle provvigioni percepite la soglia dei compensi per essere considerata attività occasionale sarà pari ad € 6.426,10 (€ 6.410,26*78% = € 5.000). Di conseguenza, fino al raggiungimento di detto limite il venditore porta a porta non avrà obbligo di:
- aprire la partita IVA;
- applicare l’IVA sui compensi percepiti;
- tenere le scritture contabili (né a fini IVA né ai fini delle imposte sui redditi).
Al momento di superamento della soglia prevista (quindi anche in corso d’anno, dalla prima operazione in cui viene superato il limite)
- iscriversi alla Gestione separata dell’Inps;·
- versare in contributi dovuti (sulla parte di reddito eccedente € 5.000), ricordando che tali contributi sono per 1/3 a carico del contribuente venditore porta a porta e per 2/3 a carico dell’azienda mandante, contributi che dovranno essere versati entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento delle provvigioni.