Clamoroso (e positivo) dietrofront del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in relazione all’obbligo di comunicare all’Archivio Nazionale dei Veicoli i dati dell’utilizzatore di veicoli aziendali concessi, in via temporanea e per un periodo superiore a trenta giorni, in comodato d’uso a soggetti diversi dall’intestatario della carta di circolazione.
L’obbligo, che diventerà operativo per tutta una serie di situazioni dal prossimo 3 novembre in virtù della definizione delle procedure telematiche, e già commentato dalla circolare ministeriale n.15513 del 10 luglio scorso, aveva gettato letteralmente nello scompiglio le aziende che concedono il proprio parco autovetture in uso a soci, dipendenti, collaboratori e amministratori e che a pochi giorni dalla possibile applicazione di pesanti sanzioni (sia di natura pecuniaria che di tipo amministrativo) non avevano ancora le idee chiare su quali fossero i casi rientranti nel nuovo obbligo.
Nel mondo aziendale si riscontrano, infatti, un insieme variegato di situazioni che prevedono un utilizzo delle autovetture detenute a vario titolo dall’impresa (siano esse di proprietà o acquisite in forza di contratto di leasing o noleggio, o in casi più rari acquistate mediante contratto di vendita con riserva di proprietà). Vediamone alcune tra le più ricorrenti:
– impresa commerciale o di servizi che acquisisce la disponibilità di autovetture a vario titolo (le cosiddette “flotte aziendali”) e che le assegna in uso promiscuo ai propri dipendenti o collaboratori sia per recarsi presso la clientela ma anche per esigenze proprie del dipendente o collaboratore;
– autovetture acquisite dall’azienda per essere assegnate in uso ai componenti del consiglio di amministrazione sia per esigenze aziendali che personali;
– autovetture “aziendali” acquisite dall’azienda, spesso recanti sulla carrozzeria i segni distintivi della stessa, e che vengono messe a disposizione dei dipendenti o collaboratori per l’esclusivo espletamento delle mansioni aziendali (è il tipico caso delle aziende che cedono beni in relazione ai quali offrono anche il servizio di assistenza alla clientela).
Accanto a queste fattispecie per così dire “ordinarie”, ve ne sono altre che potremmo definire “anomale” e che prevedono, ad esempio, nelle realtà a ristretta base societaria un utilizzo del veicolo aziendale da parte del socio e/o dei suoi familiari per proprie esigenze personali (frutto di una sorta di identificazione tra beni personali e beni aziendali).
Sono queste le situazioni in relazione alle quali le aziende (e i loro consulenti) si sono chiesti se vi fosse o meno l’obbligo di comunicazione, anche alla luce delle incomplete indicazioni
pervenute dalla richiamata circolare n.15513 del 10 luglio u.s. e che di seguito si sintetizzano: -nell’affermare la decorrenza dell’obbligo di comunicazione in relazione agli atti di comodato posti in essere a partire dal 3 novembre 2014 non era stato chiarito con quali modalità dare “prova” dell’avvenuta sottoscrizione del comodato atteso che per tale forma giuridica l’ordinamento codicistico non ne prevede la forma scritta obbligatoria;
– viene precisato che sono esentati dall’obbligo i componenti del nucleo familiare dell’utilizzatore, purché conviventi, ma quando poi si precisa che i veicoli possono essere concessi in comodato anche a persone giuridiche e che viene escluso il sub-comodato (cioè la possibilità di concedere l’uso ad altro soggetto) la confusione aumenta in quanto non si comprende in questi casi quale sia il soggetto titolato alla conduzione del veicolo (posto che è proprio questo l’obbiettivo della norma, cioè identificare l’utilizzatore);
– nello specifico paragrafo dedicato ai comodati aziendali (par. E.1.1) viene poi precisato dalla citata circolare che rientrano nell’obbligo i veicoli in disponibilità di aziende e da queste concesse in comodato d’uso “gratuito” ai propri “dipendenti”, legittimando quindi il dubbio sia sulla sussistenza dell’obbligo anche per soci collaboratori, amministratori sia sulla nozione di gratuità utilizzata dal documento di prassi che non pareva ricomprendere tutte quelle ipotesi nelle quali, a fronte dell’utilizzo del veicolo anche per finalità personali, viene attributo un compenso in natura (fringe benefit) nel cedolino paga del dipendente o del collaboratore oppure viene richiesto un corrispettivo all’utilizzatore per l’utilizzo privato del veicolo (talvolta convivono entrambe le fattispecie).
A fugare tutti (o quasi) questi dubbi è intervenuta in extremis la circolare n.23743 del 27 ottobre scorso con la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ritorna sul tema della intestazione temporanea dei veicoli per integrare e meglio precisare i concetti espressi con la precedente circolare del luglio 2014.
Come vedremo, le interpretazioni fornite con il recente documento di prassi in tema di comodati di veicoli aziendali arrivano puntualmente ad escludere dall’obbligo di comunicazione tutti i casi in precedenza evidenziati ma non precisano, al contrario, in quali casi tale onere scatterebbe. Andando per esclusione, infatti, si arriverebbe a sostenere che destinatari dell’obbligo resterebbero quei veicoli posseduti a vario titolo dalle aziende e che vengono concessi a soci, amministratori, dipendenti e collaboratori per finalità esclusivamente personali. Ma su questo punto si rende opportuna una riflessione: per quale ragione un’impresa dovrebbe acquisire un autovettura per poi privarsene del tutto, oltretutto senza richiedere alcun corrispettivo per il suo utilizzo? E’ questo, soprattutto nel caso del socio, un evidente caso di “abuso” nell’utilizzo del veicolo in relazione al quale, peraltro, è stato introdotto nel recente passato (vedi decreto legge n.138/11) uno specifico obbligo di comunicazione telematica a carico, alternativamente, dell’azienda concedente oppure del soggetto utilizzatore. Non pare invece debba essere questo l’obbiettivo di una norma, contenuta nel codice della strada (l’articolo 94-bis), la cui finalità dichiarata non ha natura fiscale ma è quella di rendere palese l’effettivo utilizzatore del veicolo ai soli fini della corretta applicazione del codice di circolazione stradale.
Vediamo quindi di riepilogare per punti le precisazioni fornite dalla recente circolare e che vanno di fatto ad escludere dall’obbligo la quasi totalità dei casi di utilizzo dei veicoli aziendali, facendo tirare un sospiro di sollievo alle aziende che già si vedevano a dover ridefinire ed implementare (con un sicuro aggravio di costi) le procedure interne di assegnazione dei veicoli al fine di poter assolvere correttamente all’obbligo di comunicazione.
Viene dunque precisato che:
– l’annotazione temporanea presuppone l’uso esclusivo e personale del veicolo in capo all’utilizzatore (non è quindi possibile l’intestazione contemporanea a due o più utilizzatori);
– il comodato è per sua natura a titolo gratuito e pertanto va esclusa la sussistenza di un comodato tutte le volte in cui la disponibilità del veicolo costituisca, in tutto o in parte, un corrispettivo;
– viene esplicitamente escluso l’utilizzo di veicoli aziendali in disponibilità a titolo di fringe benefit;
– al di fuori dei casi di fringe benefit viene comunque escluso l’utilizzo promiscuo di veicoli aziendali impiegati sia per attività lavorative che per raggiungere la sede di lavoro o la propria abitazione o nel tempo libero;
– vengono esclusi i casi nei quali i dipendenti (intesi nel senso ampio che vedremo) si alternano nell’utilizzo del medesimo veicolo aziendale.
Per quanti comunque dovranno assolvere all’obbligo di comunicazione la circolare fornisce utili indicazioni precisando che:
– le indicazioni operative evidenziate nella circolare si ritengono applicabili non solo ai dipendenti ma anche ai soci, agli amministratori e ai collaboratori dell’azienda;
– nei casi in cui l’obbligo ricorre, il periodo dei trenta giorni deve computarsi in giorni naturali e consecutivi (confermando quindi il pensiero che utilizzi non continuativi sarebbero stati difficilmente dimostrabili in sede di verifica);
– gli obblighi di comunicazione debbono essere adempiuti entro trenta giorni che, nel caso di contratto di comodato, decorrono dalla data di stipula del contratto; sotto questo profilo la circolare, dopo aver correttamente affermato che il contratto di comodato può essere stipulato anche per accordo orale non imponendo l’art.1803 c,c, alcun vincolo di forma, ne richiama di fatto la forma scritta nell’esigenza imprescindibile di “rendere certi i rapporti tra avente causa e dante causa”.
Chiudiamo, infine, con una “oscura” precisazione fornita dalla circolare in relazione ai veicoli intestati alla persona fisica che svolge attività imprenditoriale in forma individuale. Viene infatti chiarito che le istruzioni operative evidenziate si applicano anche ai veicoli intestati a nome dell’imprenditore individuale, ma solo a condizione che i veicoli stessi siano individuati tra i beni strumentali dell’impresa (soccorre in questo caso la previsione contenuta nell’art.65 del TUIR) e, quindi:
– se il veicolo costituisce bene strumentale dell’impresa, il relativo comodato dà luogo alla necessità di aggiornamento dei dati d’Archivio e non anche della carta di circolazione;
– se il veicolo costituisce un bene personale dell’imprenditore il relativo comodato dà luogo anche alla necessità dell’aggiornamento della carta di circolazione.
Resta però da chiarire quali siano le effettive fattispecie rientranti nell’obbligo di comunicazione atteso che, come precisato dalla circolare n.15513 del 10 luglio 2014 (da ritenersi valida sul punto), non vanno annotati gli utilizzi dei familiari conviventi e che, in ogni caso, ogni forma di utilizzo “promiscuo” del veicolo non forma oggetto di comunicazione.
Ben poche, quindi (e non sarebbe affatto male che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti le definisse in modo chiaro e inequivocabile) saranno le casistiche che in presenza di comodati di veicoli aziendali determineranno l’obbligo di comunicazione.
Citando un vecchio film di ispirazione shakespiriana (ahimè sono già trascorsi più di vent’anni) si può certamente dire “Molto rumore per nulla”.